Il Messia Gesù: Chiave e porta della nostra vita
I giorni dal 17 al 23 dicembre, detti ferie maggiori, sono un periodo dell’anno liturgico pieno di significato che ci prepara immediatamente al Mistero della Natività del Signore. Questo percorso prenatalizio, che potrebbe molto bene essere indicato come la Settimana Santa del Natale, si caratterizza, peraltro per una moltitudine di espressioni di sentimenti, di devozione religiosa, di tradizioni, arte, musica, poesia, letteratura che prendono forma negli spazi sia sacri che profani.
In questi giorni della seconda parte del tempo di Avvento e in alcuni luoghi dal 15, o 16 dicembre, vengono declamate durante la celebrazione dei Vespri e nella Novena in preparazione alla Nascita di Gesú, sette preghiere e locuzioni tratte dalla Parola di Dio chiamate Antifone O dell’Avvento, Antifone Maggiori O, o Grandi Antifone O, visto che usando la esclamazione O, esprimono contemplazione, ammirazione e invocazione al Messia Salvatore del suo popolo, e del mondo intero.
Queste sette solenni invocazioni hanno una genesi molto antica, anche se non ben chiara. Alcuni ne indicano l’origine nel II secolo, ma probabilmante si arrivano a conoscere nelVII secolo nel Liber responsalis sive antiphonarius e compaiono in vari altri libri liturgici dell’eta’ media. Esse sono un vero e proprio compendio di Cristologia che invocano il Gesù Messia atteso con ansia dalle genti: O Sapientia, O Adonai, O Radix Iesse, O Clavis David, O Oriens, O Rex Gentium, O Emmanuel; un titolo messianico colto dall’ Antico Testamento, compreso pero alla luce della pienezza del Nuovo Testamento.
Lette al rovescio, le iniziali latine della prima parola dopo la O danno l’acrostico. ERO CRAS: domani verro’ che è la risposta dello stesso Messia alle suppliche del popolo di Dio. L’uomo chiama Dio, invoca al suo Signore con un atto di religione, devozione e speranza e la Sapienza Divina, l’Adonai responde all’umanità con la sua rivelazione da cui emerge luce, pace, amore, compassione e liberazione.
Suggestiva e’ la Antifona O Clavis David,
O Clavis David, et sceptrum domus Israel, qui aperis, et nemo claudit, claudis, et nemo aperuit: veni, et educ vinctum de domo carceris, sedentem in tenebris, et umbra mortis.
O Chiave di Davide, scettro della casa d’Israele, che apri, e nessuno può chiudere, chiudi, e nessuno può aprire: vieni, libera l’uomo prigioniero, che giace nelle tenebre e nell’ombra di morte.
Questa bella preghiera vede nella venuta del Messia, una chiave nell’atto di aprire, o chiudere, che con speciale autorità libera i prigionieri dall’oscurità. I brani della Sacra Scrittura ci parlano del desiderio di liberazione dalle prese del buio e della morte umana e spirituale per aprirci alla vita e permetterci di vivere: Gen 49, 10; Is 22, 21 e Ap 3,7. In questo nostro contesto di preconio al Natale, l’Antifona innalza le braccia e il cuore al Dio Signore che immette l’uomo e la storia in uno spazio aperto, di speranza e di libertà. Con la Chiave di David si aprivano e chiudevano sia le porte della città di David che quelle del palazzo reale. Dell’incaricato di tale compito si dice: «Sará un padre per gli abitanti di Gerusalemme, per la gente di Giuda. Metterò sulle sue spalle la chiave della casa di Davide» (Is. 22,21s). Gesù il Figlio di Davide, erede del trono reale ha nelle sue mano le chiavi O Clavis David, et sceptrum domus Israel , qui aperis, et nemo claudit, claudis, et nemo aperuit: veni.
Quali porte si aprono o si chiudono con questa chiave? Il simbolo della porta chiusa e quello della chiave mettono in relazione con le viscere. Il cielo si può chiudere precludendo sia la discesa, la reivelazione di dios che la ascesa, o la invocazione del ser umano al suo Signore. Tuttavia il Figlio di Davide tiene nelle sue mani le chiavi; egli è la Chiave, viene detto Chiave di Davide. Il mistero dell’Incarnazione torna ad aprire alla umanità intera la grande porta della casa del Padre, riapre l’accesso alle fonti della divina misericordia.
Gesù il Cristo è chiave e porta sicura che ha aperto tante volte le porte che conducono alla vita, alla pace, alla felicità, alla pienezza di vita; difatti Egli è il primogenito tra i morti che tutti seguiremo come figli di Dio. Ci dà il potere di essere figli di Dio (Gv 1, 12) cioè ci consegna la speranza della grazia con la cuale la persona puo’ raggiungere la gloria.
Questa volontà di farci figli e amici, e di permettere di entrare nella Sua vita condividendo la nostra realtà umana limitata e limitante, ancora una volta ci conferma in quella bella verità che ben esprime la letta il significato di “E’ apparsa la grazia di Dio, che porta salvezza a tutti gli uomini, che ci insegna a rinnegare l’empietà e i desideri mondani e a vivere con sobrietà, giustizia e pietà in questo mondo” (Tt 2,11-12). A noi umani spetta non fermarci solo sulla porta, ma entrare e provare, iniziare, magari ri-iniziare. Che quella bella immagine e quei simboli della chiave e della porta aperta diano il tono a questi giorni santi che ci immettono direttamente nel grande mistero del Natale.
fr Giorgio Pittalis, O.P.