Pietro o Satana?
Probabilmente, alcuni di noi trovano il Vangelo di oggi un po' strano, o anche scandaloso! Perché Gesù chiamava Pietro "satana"? Perché chiamava in tal modo qualcuno che lo seguiva e che spendeva la vita in sua compagnia?
Un apostolo potrebbe essere anche satana?
Dopo aver chiamato Pietro così, Gesù ha detto il perché, e cioé che Pietro non pensava secondo Dio, ma secondo gli uomini. Quindi, essere satana significa pensare non secondo Dio ma secondo gli uomini. Però che significa pensare come gli uomini?
É scritto: "Se qualcuno vuol venire dietro a me rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua." Quindi, ci sono tre cose: rinnegare se stesso, prendere la croce e seguire Gesù. Queste cose indicano alcune realtà che caratterizzano la vita nella società odierna e corrispondono alle culture negative che troviamo nel mondo moderno.
Primo, rinnegare se stesso é contro la cultura egocentrica, cioé una cultura dove la persona pensa sempre a se stessa. Questa realtà si riflette ovviamente, per esempio, nel mondo digitale, dove il fenomeno social network mostra segni di una generazione egoistica e vanitosa. Un certo studio sociologico dice che il narcisismo é una delle diverse reazione alla cultura sociale moderna, cioé digitale. In facebook, twitter, google plus, etc., sempre di più persone diventano ossessionate di ciò che altre persone dicono di loro. Perciò tendono ad essere più assorbite da se stesse, in particolare dal loro aspetto esterno e dalla stima degli altri. La loro gioia, o almeno ciò che pensano essere gioia, viene dall'ammirazione dei loro stessi attributi fisici, come anche dal ricevere bei commenti anche se a volte questi non sono veri. Cristo invece dice che il suo discepolo deve fare proprio il contrario. Pensare secondo Dio significa pensare non in un modo che é concentrato solo su se stessi. Significa pensare a proposito del bene degli altri.
Secondo, il prendere la propria croce é contro la cultura della comodità, cioè una cultura dove abbiamo un senso di avversione a qualsiasi difficoltà. Questa realtà si riflette nel fatto che siamo affascinati alle cose istantanee. Tanti prodotti nel mercato sono disegnati per rendere comoda la vita. E compriamo spesso qualunque cosa che possa ridurre oppure anche eliminare qualsiasi fastidio. Non é una cosa totalmente negativa, però non é positiva dal momento che promuove una condizione mentale che scoraggia ogni tipo di sforzo. Una delle caratteristiche della vita é che ci sono sempre le difficoltà, e talvolta anche grandi sofferenze. Infatti, dicono che dal momento che l'uomo inizia la sua vita nel mondo come un neonato, sente già questa difficoltà, e il suo pianto la rappresenta. Non importa quanto proviamo a rimuovere le difficoltà della vita, ci sarà sempre una croce. La differenza é come occuparsene. O portiamo il carico o diventiamo paralizzati dallo stesso.
Terzo, il Vangelo dice che il discepolo non solo deve accettare la vita con le sue difficoltà, ma anche unirle con quelle di Gesù. Questo é il significato di seguire il Cristo con la nostra croce. Pensare secondo Dio significa pensare senza la mentalità che rifiuta la realtà della sofferenza. Significa pensare in un modo che abbraccia l'avversità come una condivisione nella sofferenza di Cristo.
Il nostro istinto di conservazione ci induce ad essere preoccupati di noi stessi, ma sfortunatamente anche a scappare dalla sofferenza. Con questa mentalità, la vita si riempe di proteste e autocommiserazione quando non possiamo scappare la difficoltà. Poi diventa gravoso non solo per noi ma anche per quelli che ci incontrano.
Però il Vangelo ci insegna non solo ad abbracciare la nostra sofferenza ma anche che attraverso di essa impariamo a distaccarci dai pensieri e sentimenti egocentrici. Ci invita a vederla come una condivisione della passione di Cristo. Ecco perché il Vangelo é controcultura. É contro la cultura dell'egoismo e la cultura della comodità.
Forse siamo fortunati ad essere in un luogo pacifico, dove non c'è la minaccia della persecuzione prepotente a causa della fede. La notizia scioccante circa il genocidio dei cristiani in Iraq produce molta tristezza. Però anche ci insegna come si rimanga forti nella nostra fede, anche nelle situazioni pericolose. Anche se loro si devono confrontare con la minaccia di morte violenta, i Cristiani Iracheni ci mostrano come pensare secondo Dio e non secondo gli uomini. Ci insegnano che cosa significhi essere un Cristiano, che cosa significhi abbracciare le proprie difficoltà, e che cosa significa condividere la sofferenza di Cristo.
Nel Vangelo di Giovanni, Gesù disse, "Voi sarete afflitti, ma la vostra afflizione si cambierà in gioia." Non disse che l'afflizione sarebbe stata sostituita dalla gioia. Anzi, la gioia si sarebbe ottenuta non senza afflizione, ma dopo aver sopportato l'afflizione con fede e perseveranza.
Dice Madre Teresa di Calcutta: "Il dolore e la sofferenza sono venuti nella vostra vita, ma ricordate che il dolore, la tristezza, la sofferenza, sono nient'altro che il bacio di Gesù - un segno che siete arrivati così vicino a Lui che Egli può baciarvi." Paul Claudel disse anche: "Gesù non è venuto per togliere la sofferenza. Egli non è venuto nemmeno a spiegarla. Egli è venuto a riempirla della sua presenza." Pertanto continuiamo a vivere con la speranza che al di là morte vi é la promessa della salvezza, e che al di là de le difficoltà vi é la promessa della gioia.
fr. Florentino A. Bolo Jr., O.P.