Il canto delle litanie nell'Ordine domenicano
Un'interpretazione teologico-spirituale
In tempi di crisi e di difficoltà l'Ordine domenicano ha sempre trovato nella preghiera a Dio e nell'intercessione dei santi una potente ancora di salvezza. È storicamente comprovato che il Capitolo generale di Parigi del 1256, a causa di imminenti pericoli, ordinò a tutte le comunità domenicane di pregare ogni settimana “i sette salmi [penitenziali], le litanie, insieme all'orazione della Beata Vergine e del Beato Domenico […] per il bene dell'Ordine” (Acta capitulorum O.P., MOPH III-IV (1898-1899), p. 82-83).
In questo articolo vorrei soffermarmi non tanto sull'efficacia della preghiera litanica, quanto piuttosto sulle tracce di spiritualità insite nelle melodie domenicane utilizzate, per l'appunto, nel canto delle litanie. Nel fare ciò mi limiterò a considerare i toni presenti nel Completorii libellus iuxta ritum S. Ordinis Praedicatorum (ed. 1949) usato quotidianamente nei nostri conventi fin al 1968 e ancora oggi usufruibile in alcune sue parti. In esso troviamo quattro “schemi melodici” per il canto delle litanie. Siccome però risulterebbe eccessivamente lungo considerarli tutti, ci occuperemo solo dello schema n° 4: proveremo a leggere il tutto (musica e parole) dandone una possibile interpretazione teologico-spirituale.
NB: per comprendere meglio questo articolo suggerisco di avvalersi spesso delle immagini qui riportate.
Partiamo dal Kyrie iniziale. Nella sua struttura esso si presenta come una melodia in minore (fa-fa-mi-re-mi-fa), una melodia cioè che vuole suscitare nell'assemblea che canta un sentimento di dispiacere per i peccati commessi, insieme ad una richiesta di perdono (“Kyrie eleison” = “Signore, pietà”). Dopo il Kyrie-Christe-Kyrie, si canta il “Christe, audi nos – Christe, exaudi nos” (“Cristo, ascoltaci” – “Cristo, esaudiscici”) e la melodia proposta passa da una musicalità “minore”, propria del Kyrie, ad una potremmo dire “maggiore” (fa-sol-la-fa-sol-fa). Questo cambiamento di “tonalità” non sembra essere un capriccio del compositore, quanto piuttosto un'applicazione in musica del passo evangelico in cui Cristo dice: “Chiedete e vi sarà dato; cercate e troverete; bussate e vi sarà aperto” (Matteo 7, 7). È insomma un rivolgersi a Gesù con la serena fiducia di essere ascoltati ed esauditi perché Lui, il Signore, è fedele alla sua parola (2 Timoteo 2,13).
Successivamente si trovano i “Miserere nobis” rivolti al Padre, al Figlio, allo Spirito Santo e alla Trinità (Pater de caelis, Deus, miserere nobis, etc.). La nota iniziale qui è più alta (La) e si arriva fino ad un “Do” sulla prima sillaba della parola “caelis” che per la sua altezza sembra indicare, tra le altre cose, la trascendenza del Dio vivente che l'assemblea sta invocando: un Dio vicino sì, ma al tempo stesso trascendente. Il canto del "Miserere nobis" poi, con la sua linea melodica che tende a scendere e risalire (la-la-sol-fa-sol-la), sembra richiamare il passo evangelico in cui Gesù parla del pubblicano che “non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: «O Dio, abbi pietà di me peccatore»” (Luca 18, 13). Infatti colui che qui invoca il perdono di Dio è consapevole dei propri peccati (primo movimento discendente della melodia) ma al tempo stesso ha fiducia di essere riaccolto da un Padre misericordioso (secondo movimento ascendente della linea melodica).
Subito dopo il quarto "miserere nobis" iniziano finalmente le invocazioni alla Madre di Dio. Esse sono divise in tre “sezioni” caratterizzate da melodie coerenti tra loro e al tempo stesso diverse, ad indicare le differenze che intercorrono tra i titoli utilizzati come anche l'identicità della persona a cui essi si riferiscono: la Vergine Maria. Per motivi di lunghezza daremo un breve sguardo alle tre sezioni melodiche lasciando infine alla curiosità del lettore l'approfondimento di esse, come anche dei tre Agnus Dei finali.
La prima parte delle invocazioni inizia con il titolo di “Sancta Maria”. La melodia qui usata parte da un “Fa” fino ad arrivare ad un “La” (fa-fa-fa-sol-la). Le tre note cantate (fa, sol, la) creano una melodia gioiosa e al tempo stesso semplice, quasi elementare, che sembra richiamare in qualche modo un passo preciso del Magnificat: “Ha guardato l'umiltà della sua serva. D'ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata” (Luca 1,48).
Inoltre, il movimento melodico qui presente (dal “Fa” al “La”) richiama alla mente la condizione di colui che prega: parte dalla propria condizione e aspira a qualcosa di più alto. Tuttavia a questa melodia caratterizzata da una semplice gioiosità fanno eco gli “Ora pro nobis” che con la loro linea melodica discendente e immediatamente ascendente (fa-mi-re-mi-fa) sembrano riprodurre la fatica dell'uomo che spesso si ritrova a chiedere sempre le stesse cose, un po' come la vedova importuna citata dal Cristo (Luca 18)... senza poi contare il fatto che le note qui cantate sono le stesse del Kyrie eleison iniziale!Dopo aver invocato Maria con il titolo di “Virgo fidelis”, troviamo un cambio di melodia nell'invocarla col titolo di “Speculum iustitiae”. Se prima la Vergine era considerata sempre nella sua dimensione umana (ogni invocazione si serviva di termini come “mater” e “virgo”), ora l'assemblea orante si approccia a Maria con dei titoli meno “terrestri” e più metaforici, chiamandola ad esempio “Stella matutina” (“stella del mattino”). È evidente che Maria di Nazareth non fu una stella, eppure con questo titolo si vuole indicare metaforicamente Maria quale stella che sorge prima del levar del sole, ritenuta l'annunciatrice del nuovo giorno e della luce che viene (Cristo). Quindi, forse proprio a causa di questo passaggio da una dimensione meramente “terrestre” ad una più “spirituale”, il canto tende ad elevarsi. Difatti la melodia (la-la-la-sib-sol) parte da un "La" e non più, come nella prima sezione, da un "Fa", e il canto degli "Ora pro nobis", partendo dallo stesso "Sol" di arrivo dell'invocazione mariana, ritorna sul "La" iniziale, e così fino al titolo di "Auxilium Christianorum".
Se finora si era arrivati solo poche volte ad una nota discretamente alta (Sib), è in questa terza sezione melodica che si raggiunge l'apice. Qui Maria viene invocata sempre e soltanto con il titolo di "Regina" (Regina angelorum, Regina patriarcharum, etc.). È interessante notare come la nota utilizzata fin dall'inizio è proprio il "Do". Esso musicalmente sembra richiamare la parola “caelis” che prima, nel “Pater de caelis, Deus...”, iniziava proprio con un “Do”. E così rivolgendoci a Maria con questo titolo, anche grazie alle somiglianze melodiche, mi sembra ne si voglia riconoscere la santità: come festeggiamo Cristo con il titolo di Re dell'universo, allo stesso modo Maria viene acclamata con il titolo di Regina. Gli "Ora pro nobis" che seguono (la-sol-fa-sol-la) risultano poi simili a quelli della seconda sezione musicale di cui mi sono occupato qui sopra. È da notare che qui, come altrove, l'assemblea non arriva mai a cantare con note troppo alte il proprio "prega per noi”, quasi a voler ricordare tra le righe le parole dette da Cristo: "Chiunque si esalta sarà umiliato, chi invece si umilia sarà esaltato" (Luca 18, 14).
Al termine di tutto, prima dell'orazione finale, troviamo i tre Agnus Dei che fanno sempre riferimento alla missione di Cristo sulla terra (“... qui tollis peccata mundi”). Qui la melodia fino al “mundi” risulta piuttosto articolata e trova il suo apice nella parola “qui” (= “che” oppure ”tu che”), quasi a voler ricordare al fedele che è Cristo, e solo Lui, che ha veramente e perfettamente preso su di sé i peccati del mondo. Infine, con le risposte ai tre Agnus (“parce nobis Domine”, “exuadi nos Domine”, “miserere nobis”), la melodia ritorna alla nota (Fa) con cui abbiamo iniziato il canto delle litanie, quasi a voler metaforicamente indicare che se è vero che camminiamo verso il Paradiso, è altrettanto vero che la nostra condizione presente è quella di vivere pienamente e cristianamente in questo mondo, sostenuti tuttavia e arricchiti delle consolazioni di Dio che ci fanno in qualche modo pregustare il Paradiso.
Ci appare ora molto più chiaro come le melodie utilizzate dai nostri frati fossero e siano intrise degli insegnamenti evangelici. E se a volte ci capita di sentirci aridi di fronte al mistero di Dio perché ci appare lontano, inaccessibile o persino noioso, credo potrà essere di aiuto metterci alla sapiente scuola del canto gregoriano/liturgico, un canto dove ogni singola nota e parola sono come uno specchio (1Corinzi 13,12) su cui si riflette l'eterna ed amorosa sapienza divina che nella storia si è definitivamente manifestata in Cristo Gesù, che con il Padre e lo Spirito Santo vive e regna per i secoli eterni.
fr. Fabrizio P. M. Cambi, O.P.