Non una casa per rinchiuderci
Omelia in occasione della solennità della Dedicazione della Basilica di Santa Maria sopra Minerva - 22 ottobre 2017
Era intorno al 1280 che sono state poste le prime pietre di questa chiesa. I frati, già a Roma da una sessantina d’anni sul colle dell’Aventino, cercavano un posto più centrale nella città. Ottennero così di potersi installare in una piccola chiesa dedicata a Maria già presente dall’VIII secolo e che sorgeva presumibilmente dove sorge l’attuale Basilica, accanto ad alcuni templi romani, tra cui uno dedicato a Minerva.
Non conosciamo il giorno preciso della dedicazione di Santa Maria sopra Minerva, per cui in tutto l’Ordine domenicano, per le chiese conventuali di cui non si conosce tale data, la ricorrenza della dedicazione è la stessa della prima grande chiesa domenicana che secondo la tradizione è quella di S. Giacomo di Tolosa. Era il 22 ottobre 1385. Essa fu scelta da Urbano V per accogliervi i resti di S. Tommaso d’Aquino. La basilica di santa Maria sopra Minerva si unisce quindi alla chiesa di S. Giacomo di Tolosa per celebrare la sua solenne dedicazione. E’ un giorno di solennità, e le candele accese lungo le navate laterali ricordano proprio quel giorno in cui si sono state dedicate a Dio queste mura e l’altare, ungendole con il crisma. Rendiamo grazie a Dio per il dono di questa luogo in cui da tanti anni i frati intercedono, supplicano, lodano e rendono onore al Signore, e con lui alla Vergine Annunziata, a cui questa Basilica è intitolata.
Quanti restano fermi nella mia alleanza li condurrò sul mio monte santo e li colmerò di gioia nella mia casa di preghiera. […] il mio tempio si chiamerà casa di preghiera per tutti i popoli.
Attraverso queste parole che il Signore ci ha tramandato mediante il profeta Isaia emergono alcuni aspetti che ci aiutano a sentire con maggiore forza, ma anche devozione l’importanza di una casa di preghiera. Vorrei rilevare tre aspetti; il primo: è Dio che ci conduce alla sua dimora se rimaniamo fedeli alla sua alleanza. Secondo: in questa dimora ci è promessa gioia piena. Infine: l’espressione di questa gioia è ricordarsi che il tempio di Dio è casa di preghiera per tutti i popoli.
E Dio che ci conduce alla sua dimora se rimaniamo fedeli alla sua alleanza
E’ vero, possiamo incontrare Dio ovunque, ma per sua stessa scelta Dio ha iniziato a farsi costruire una casa, una dimora tra gli uomini. Prima in una tenda, poi in un tempio, in seguito in tante chiese. Nel giorno della dedicazione di questa Basilica pensiamo alla bontà di Dio che ci ha condotto qui. Ognuno con la sua storia, da strade diverse, da paesi diversi, con sentimenti diversi. Non ricordo la prima volta in cui sono entrato in questa chiesa, ma ricordo il primo atto di devozione e ringraziamento a Dio ai piedi di santa Caterina. Le avevo lasciato un fiore che mi avevano regalato all’occasione della mia laurea. E come non posso pensare che, non certo per la forza della mia fedeltà, non per la forza della nostra fedeltà, ma per la fedeltà di Dio stesso al suo amore per noi, non ci abbia lui stesso condotto qui, tra queste mura, ci abbia fatto incontrare e ci abbia affidato la vocazione ad essere segno di comunione per gli uomini provando a prenderci cura gli uni degli altri? Una chiesa non dovrebbe forse essere la casa di Dio in cui tutti siamo invitati a esprimere il nostro essere fratelli e sorelle, figli di un unico padre?
In questa dimora di Dio ci è promessa gioia piena.
E’ la presenza di Dio che porta la gioia. Non sono le pietre, per quanto preziose e belle, per quanto sontuose, che portano la gioia: ma il nostro vivere tra queste pietre come pietre vive, con cuori vivi abitati da Dio. Certo, sperimentiamo spesso che la nostra preghiera non è sempre l’espressione di questa gioia, e che a volte somigliamo a dei lagnosi annoiati! Allora ritroviamo nella nostra chiesa la familiarità di sentirci a casa con Dio e di potergli parlare con franchezza, sincerità, libertà! Nella casa di Dio chiediamogli di seminare nelle nostre vite quella pace gioiosa di cui tutti abbiamo bisogno, quel riposo spirituale che ci fa sentire ascoltati e protetti. Questa casa, in cui Dio ci ha condotto, è il luogo in cui a Dio possiamo chiedere la gioia che ci ha promesso. Chiediamogli questa gioia per la nostra preghiera. Chiediamo la gioia anche nelle nostre liturgie, gioia genuina che viene dall’espressione della bellezza, gioia che è solo un primo assaggio della gioia eterna che proveremo nelle liturgie celesti del paradiso.
La gioia sarà piena solo quando il tempio di Dio sarà casa di preghiera per tutti i popoli.
Dio non ha voluto una casa per rinchiuderci tra di noi e tenere ben lontani gli altri, un po’ come i discepoli subito dopo la crocifissione di Gesù, ben chiusi a chiave a Gerusalemme. Prima dell’ascensione al cielo Gesù stesso ci ha dato il mandato di essere missionari di tutti i popoli. Questo non significa solo parlare o annunciare, ma testimoniare, ossia mettere le persone che incontriamo nelle condizioni di chiedersi e chiederci: da dove viene la tua bontà? Il tuo amore? Da dove viene la tua accoglienza, il tuo desiderio di perdono? Da dove viene la tua speranza? Veniamo tra queste mura per imparare a essere figli del Dio vivente, che abita non in una chiesa asserragliata, ma in una chiesa con le porte spalancate, per fare entrare chi cerca Dio, e per uscire noi stessi ad incontrare il mondo.
E’ la prima cosa che ha fatto Maria, subito dopo l’annunciazione. La Vergine Madre annunziata, a cui questa Basilica è dedicata, ha corso verso la cugina Elisabetta per mettersi al suo servizio. Ha portato Cristo nel suo grembo ed ha iniziato ad offrirlo al mondo. Che la Vergine Maria Annunciata, patrona di questo tempio a lei dedicato e a cui Dio ci ha condotto, ci doni la gioia del vivere annunciando il Signore a tutti i popoli. Ci nutriamo di Dio tra queste mura per portarlo al mondo. Amen.
fr. Gian Matteo Serra, O.P.