DOMENICANI

Provincia Romana di S. Caterina da Siena

Medellin: un diluvio che annuncia frutti copiosi

Medellin, Colombia, luogo in cui il papa incontra il clero e i religiosi e le religiose della Colombia, almeno una loro ampia rappresentanza, in occasione del suo viaggio apostolico. Medellin, città ferita dal traffico violento della droga, dove il luogo “evoca tante vite giovani stroncate, scartate, distrutte”. E’ un luogo in cui la sana inquietudine dei giovani è stata troppe volte ingannata e distrutta dai sicari della droga.

Eppure al cuore di questo corteo luttuoso sono fiorite tante risposte di giovani che si sono impegnati per vivere nuove forme di convivenza sana, pacifica, benevolente. Molti giovani hanno saputo incanalare l’inquietudine, e spesso questa inquietudine ha portato anche vocazioni di ragazzi e ragazze che si offrono a Dio nel sacerdozio o nella vita religiosa per costruire il bene in nome di Gesù, per diventare viandanti della fede.

Il papa, come sempre quando incontra chi ha risposto alla chiamata di Dio per mettersi con esclusività al suo servizio, ha parole che suonano incoraggianti, ma anche esigenti.

Offre una prima raccomandazione: attenti al signore denaro, il diavolo che entra attraverso il portafoglio, che trasforma gli uomini di Dio in uomini corrotti che creano potenza sulla pelle del popolo che dovrebbero amare. Il denaro è un signore che si impadronisce di chi gli apre il cuore, se ti prende non ti lascia andare , sarà il tuo signore partendo dal tuo cuore, esclama il papa. E i primi segni sono il veleno della menzogna, delle cose nascoste, della manipolazione e dell’abuso del popolo di Dio, dei più fragili.

Il pontefice, durante il suo intervento, continua offrendo tre modi effettivi per rimanere in Gesù e vivere in modo autentico la propria vocazione di cristiani: rimanere in Gesù toccando la sua l’umanità, contemplando la sua divinità, per vivere nella gioia.

1) Toccare l’umanità di Gesù significa avere i suoi sentimenti e il suo sguardo per conoscere il suo popolo e commuoversi per lui. Significa anche avere i gesti e le parole di Gesù che esprimono amore per i vicini e ricerca per i lontani.

Il papa offre anche quattro parole chiave: tenerezza e fermezza nel denunciare il peccato e nell’annunciare il Vangelo; gioia e generosità nella dedizione e nel servizio. Senza questo il religioso appare un po’ come un “lamentone”, incapace di toccare la carne sofferente di Gesù.

2) Contemplare la sua divinità avviene attraverso la stima per lo studio, privilegiando la Sacra Scrittura. Lo studio ha un fine principale: interpretare la realtà con gli occhi di Dio.

gian matteo serrafr. Gian Matteo Serra, O.P.Il papa invita a non perdere tempo con studi, se non inutili, poco utili per il bene del popolo: che non sia uno studio evasivo rispetto a ciò che vive la nostra gente. Il papa invita anche a non avere uno studio che segua le onde delle mode e delle ideologie, che non viva di nostalgie e che non voglia ingabbiare il mistero. Esempio pratico: che lo studio non cerchi di rispondere a domande che nessuno si pone più, il riferimento è più che altro ad una curiosità vuota, che porta a dribblare chi ha bisogno e a non avere tempo per chi ci interpella dalle coordinate dei loro mondi e delle loro culture. C’è tanto spazio per un buon esame di coscienza sui campi dei nostri approfondimenti spesso disincarnati: tutto utile, ma così disincarnato …

Insieme  allo studio il papa rimette al centro la necessità della preghiera come parte fondamentale della nostra vita e del nostro apostolato. Il papa propone la preghiera come un vero apostolato, chiedendo che ritorni al centro anche l’adorazione, quella silenziosa, che ci fa riscoprire riconciliati per riconciliare. Dio rimane accanto ai suoi figli anche quando faticano a riconciliarsi con Dio, ricorda il papa, che aspetta anche chi si allontana da Lui, sino a quando, prima o poi guarderà in alto.

3) Rimanere in Cristo per vivere nella gioia è la terza immagine offerta dal papa.

La chiamata a volte è un carico pesante, riconosce il pontefice, ma questo peso non toglie la gioia. La gioia contagiosa è la prima testimonianza di chi vive la propria chiamata di Dio, qualunque cosa faccia. Dio ha uno sguardo di predilezione verso i suoi figli e verso coloro che chiama in modo più particolare al suo servizio.

E’ bella l’immagine che offre il pontefice per mostrare l’attenzione di Dio verso il suo popolo: dopo il diluvio, Noè pianta una vite come segno di un nuovo inizio; alla fine dell’esodo Mosè, quando manda ad ispezionare la terra promessa, riceve un grappolo di uva copioso. E’ segno che Dio non ci abbandona, e anche nella prova del diluvio, come il diluvio del traffico di droga di Medellin, come i diluvi che ognuno di noi, in modo più o meno pesante vive, Dio ci da segni di speranza, ci fa piantare vigne che daranno frutto. Dio ogni tanto poterà la sua vigna, ma questo fa parte della continua conversione che ognuno di noi, se si lascia accompagnare docilmente da Lui, dovrà accogliere come la fonte più bella della gioia di vivere con Dio, e in suo nome, per il popolo al quale ci manda.

fr. Gian Matteo Serra, O.P.

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