Esseri umani 2.0: dal Transumanesimo all’oltre-uomo del Vangelo
Vorrei partire da quello che può essere considerato una delle immagini-simbolo dell’Umanesimo classico e rinascimentale: il celebre disegno dell’Uomo vitruviano, esposto nelle Gallerie dell’Accademia di Venezia, e ora visibile da qualche anno anche su tutte le monete da 1 € coniate dall’Italia.
Siamo nei primi anni dell’ultimo decennio del XV secolo, più o meno in contemporanea con quella scoperta geografica che doveva segnare una delle date inaugurali della modernità, quando Leonardo da Vinci realizza a penna questo piccolo disegno (34 x 24 cm) su carta, in cui si fondono arte e scienza, creatività e rigore delle misure, precisione matematica e slancio mistico-spirituale.
L’uomo è rappresentato quale essere armonico e proporzionato in cui ampiezza delle braccia e altezza si corrispondono perfettamente, come simboleggiato dalla sua inscrizione nelle figure geometriche del quadrato e del cerchio, simboli rispettivamente della Terra e dell’Universo, e come spiega la didascalia in alto del disegno, ispirata proprio al trattato sull’architettura del celebre architetto romano.
Cinque secoli più tardi quella stessa figura umana appare ora disfatta, slabbrata, carne sfibrata senza più forma né proporzione, simbolo dell’inquietudine e della ricerca di senso dell’uomo contemporaneo, come nei dipinti del pittore irlandese Francis Bacon (1909-1992). Tra questi, nessuno è forse più emblematico nell’esprimere il rovesciamento di prospettiva rispetto alla visione classico-umanistica dello Studio dal ritratto di Innocenzo X. La figura solida, compatta, in un atteggiamento quasi di sfida verso lo spettatore che domina la scena nell’originale di Velazquez, lascia il posto nel rifacimento di Bacon a un ritratto evanescente, quasi dissolto in un fascio di linee che si allontanano verso l’alto e dal cui volto trasudano terrore e sgomento. Lo stesso trono su cui è seduto il pontefice assume qui una veste stilizzata in forma di linee gialle che ne avvolgono la figura: potere, prestigio e onore non sono più per l’artista una fonte di fierezza e orgoglio, ma una gabbia che opprime e incute angoscia.
In effetti il secolo che ci siamo lasciati alle spalle, il “secolo breve”, oltre ad aver visto il crollo delle grandi ideologie, ha segnato tra le altre cose anche la crisi della visione e del progetto umanista, iniziato nel Rinascimento. Dalla critica post-metafisica di Heidegger («l’umanesimo non pone l’humanitas dell’uomo a un livello abbastanza elevato», Lettera sull’umanismo), all’analisi archeologica dell’epistemologia delle scienze umane di Foucault («L’uomo è un’invenzione di cui l’archeologia del nostro pensiero mostra la data recente. E forse la fine prossima», Le parole e le cose. Un’archeologia delle scienze umane), già anticipate dall’annuncio nietzscheano di un superamento dell’umano nella figura dell’oltre-uomo (Così parlò Zarathustra, Prologo), la visione di un soggetto raziocinante, autosufficiente e completo, che si oppone a tutto ciò che gli è esterno (sia esso mondo animale, vegetale o inorganico) sembra essere entrata irrimediabilmente in crisi.
La riflessione recente scopre infatti nuovi legami, nuove “contaminazioni” tra l’uomo e tutto ciò che appartiene alla sfera del non-umano (si pensi ad esempio al rilievo che assume la dimensione non-razionale e animale nell’essere umano, o alle contaminazioni dell’umano prodotte dalle biotecnologie, come innesti di protesi, implantologia, ricostruzioni artificiali di parti del corpo umano, ecc.), che fanno apparire la tradizionale dicotomia umano/non-umano come qualcosa di obsoleto e da lasciarsi ormai definitivamente alle spalle. Così ad esempio la riflessione postumanista spinge in direzione di un superamento della tradizionale idea dell’individuo stabile e chiuso in se stesso, autocosciente e opposto a tutto ciò che è materiale, in direzione di una soggettività plastica e in continua ridefinizione di se stessa, capace di ospitare al proprio interno elementi propri della sfera non-umana, come nel caso delle “soggettività nomadi” di Rosi Braidotti (Postumano. La vita oltre l’individuo, oltre la specie, oltre la morte) o dell’“organismo cibernetico” di Donna Haraway (Manifesto cyborg. Donne, tecnologie e biopolitiche del corpo).
Con ispirazione in buona parte analoga, ma con approdi diversi, si muove invece il movimento transumanista, che spinge piuttosto in direzione di un superamento dell’umano nel senso di un suo “potenziamento” (in particolare delle sue capacità fisiche e mentali), attraverso il ricorso alle nuove acquisizioni messe a disposizione dalla scienza e dalla tecnica. Nato intorno alla metà degli anni ’80 del secolo scorso dagli incontri informali di un gruppo di studiosi presso l’Università della California,
il movimento si proponeva una visione dell’umano fondata su una concezione iper-ottimistica della società e del progresso, sul potere di auto-trasformazione e auto-regolazione dell’essere umano, sulle risorse della ragione e della tecnologia come risorse capaci di assicurare un trascendimento dell’umano. Biologia molecolare, nanotecnologie, ingegneria prostetica e neuroscienze vengono chiamate a svolgere una funzione emendativa/accrescitiva dell’umano, inteso come progetto semplicemente abbozzato dalla natura, ma che può essere migliorato e accresciuto grazie all’intervento umano (come esprime la sigla stessa scelta per il sito web dell’Associazione mondiale dei Transumanisti: Humanity+ e il suo simbolo H+). Si tratta di quell’Human enhancement di cui parla Nick Bostrom, uno dei fondatori del movimento transumanista mondiale. Come scrive Max More (nome d’arte di Max O’Connor, che fa riferimento a un “più” che viene aggiunto rispetto all’umano) nella sua Lettera a madre natura, che costituisce una sorta di “credo” del pensiero transumanista:
«Cara Madre Natura, mi spiace disturbarti, ma noi umani - la tua prole - veniamo a te con alcune cose da dirti (forse potresti riferirle al Padre, considerato che noi non lo vediamo mai in giro…). Vogliamo ringraziarti per le molte qualità meravigliose che ci hai donato con la tua lenta ma imponente intelligenza distribuita. Da semplici composti chimici auto-replicanti ci hai fatti diventare mammiferi con miliardi di cellule. Ci hai dato il massimo controllo del pianeta. Ci hai dato una aspettativa di vita fra le più lunghe nel regno animale. Ci hai dotato di un cervello complesso, dandoci la capacità di ragionare, parlare, prevedere, essere curiosi e creativi. Ci hai dato la capacità di comprendere noi stessi e gli altri. Madre Natura, veramente, ti siamo riconoscenti per ciò che ci hai fatto diventare. Indubbiamente hai fatto il meglio che potevi. Tuttavia, con tutto il dovuto rispetto, dobbiamo dire che sotto diversi aspetti avresti potuto fare di meglio con il nostro organismo. Ci hai creati vulnerabili alle malattie e alle ferite. Ci obblighi ad invecchiare e a morire - proprio quando cominciamo a divenire saggi. Sei stata un po' avara nel darci consapevolezza dei nostri processi somatici, cognitivi ed emotivi. Sei stata poco generosa con noi, donando sensi più raffinati ad altri animali. Possiamo funzionare solo in certe specifiche condizioni ambientali. Ci hai dato una memoria limitata e scarso controllo sui nostri istinti tribali e xenofobi. E ti sei dimenticata di darci il nostro libretto d'istruzioni! (…) Abbiamo deciso che è ora di emendare la “costituzione umana”».
Quali sono i campi in cui si esprime concretamente questo oltrepassamento dell’umano? Un primo campo è quello della life extension, l’aumento della durata della vita e la lotta contro l’invecchiamento, considerati non come una dimensione intrascendibile dell’esistenza umana, ma come una caratteristica transitoria e oltrepassabile. La strategia anti-invecchiamento va dalle semplici misure dietetiche e alimentari (restrizione calorica e glicemica, già sperimentata sui topi) alle ricerche nel campo delle “tecnologie emergenti” (cellule staminali, biologia cellulare e molecolare, ingegneria tissutale), utilizzate per una radicale riconfigurazione della medicina in chiave “rigenerativa” e anti-aging. Ne fornisce un esempio l’American Academy of Anti-Aging Medicine, che mira a una riconfigurazione del concetto stesso di medicina in chiave rigenerativa, e che vanta circa ventiseimila aderenti nel mondo o il libro di Raymond Kurzweil Transcend: Nine Steps to Living Well Forever, che prefigurano scenari peraltro molto discussi nell’ambito della stessa comunità scientifica.
Proprio per il carattere spesso congetturale e non scientificamente dimostrato delle predizioni transumaniste, sempre più frequente diviene il ricorso alla “sospensione crionica” dopo la morte clinica, nella speranza che i corpi ibernati possano essere restituiti alla vita in un’era in cui molte delle patologie attualmente conosciute siano state definitivamente sconfitte. Organizzazioni come la Alcor Life extension o il Cryonics Institute sono già attive da molti anni e vedono sempre più in aumento il numero di coloro che, sulla base di un contratto simile a quello della donazione di organi e per una spesa complessiva tra i $ 30.000 e $ 200.000, chiedono di essere sottoposti alla conservazione in azoto liquido (-196° C) totale o parziale (neurosospensione), nella speranza in una nuova e più felice esistenza all’interno di un contesto tecnologicamente più avanzato e sicuro. Il film Vanilla Sky (2001) interpretato da Tom Cruise, in cui il protagonista firma un contratto di sospensione crionica con una società chiamata “Life extension”, mostra come già più di una quindicina di anni orsono la pratica godesse di una certa diffusione.
Un altro ambito in cui si svolgono le ricerche e le sperimentazioni transumaniste è il campo militare e strategico, da sempre laboratorio di innovazioni tecnologiche d’avanguardia, che solo diversi anni dopo il loro impiego a scopo militare divengono disponibili per l’uso comune (si pensi alla telefonia mobile, già sperimentata in ambito militare alla fine degli anni ’50 del secolo scorso, o alla stessa rete Internet, nata da un analogo progetto di difesa chiamato originariamente “Arpanet”). Pur senza aderire ufficialmente all’organizzazione Transumanista mondiale e senza far uso ex professo della terminologia transumanista, l’agenzia per la ricerca militare del Ministero della Difesa statunitense Defense Advanced Research Projects Agency (DARPA) costituisce uno dei poli di ricerca e applicazione di innovazioni tecnologiche in prospettiva di human enhancement, più attivi del pianeta. Diversi progetti del DARPA hanno infatti per obiettivo di potenziare le capacità fisiche e psichiche dei militari allo scopo di ridurne la vulnerabilità e l’esposizione ai rischi di aumentarne il potenziale di offesa. Tra questi ad esempio, quello di poter ridurre i periodi di riposo notturno senza diminuzione delle prestazioni fisiche e psichiche dei militari (Continuous Assisted Performance), grazie ai contributi delle neuroscienze e delle scienze cognitive che studiano gli effetti neuro-cerebrali dell’assenza di sonno e potrebbero individuare fattori che assicurino uno stesso standard prestazionale anche in mancanza di un normale riposo notturno. Anche gli studi sulla biologia animale e marina forniscono importanti contributi, come la scoperta di alcuni topi che dormono solo raramente, pur mantenendo normali livelli neuro-funzionali; o quello di cetacei come le balene o i delfini, i cui emisferi cerebrali riposano alternativamente. Un altro progetto ha di mira un’ottimizzazione del metabolismo dei soldati (Metabolic Dominance) allo scopo di individuare cellule capaci di convertire i carboidrati in lipidi in assenza di scorte alimentari. In particolare lo studio verte sulla possibilità di utilizzare cellule già capaci di produrre energia come i mitocondri, allo scopo di metterle in grado di attingere le riserve energetiche dei militari dalle loro riserve lipidiche anziché dai cibi. Un altro progetto invece tenta di ridurre i rischi di vulnerabilità e di pericolo per i militari legati a fronte di campi di battaglia esotici o tropicali, che costituiscono già in se stessi una fonte di minaccia per i soldati. Lo scopo è quello allora di fornire al militare una protezione integrale (Inner Armor) contro le minacce ambientali e del nemico. Le battaglie che si svolgono in alta quota sulle montagne della dell’Afghanistan o del Kashmir espongono continuamente i militari a rischi di edema polmonare o cerebrale, attacchi cardio-vascolari, nausea, ecc., e richiedono un accurato addestramento. Lo studio del caso di Apa Sherpa, un uomo nepalese di mezza età, detentore del record del mondo di velocità nella scalata del monte Everest e di respirare un volume di ossigeno pari a un quinto di quello normalmente utilizzato da un essere umano sfruttando la produzione di una molecola capace di aumentare il flusso sanguigno nei polmoni, fornisce importanti indicazioni su come poter potenziare analoghe capacità nei militari per le battaglie ad alta quota. Nella stessa ottica, lo studio dell’oca indiana, capace di spostarsi dal sud della Cina alla Siberia (quasi 5.000 km) in pochi giorni, volando ad una quota pari fino a quasi 9.000 m. di altitudine, per diversi giorni senza mangiare né bere, fornisce un supporto molto istruttivo ai fini di analizzare le capacità di riadattamento dell’emoglobina e del metabolismo di un organismo vivente.
Infine vale la pena citare il primo prototipo di individuo transumano (Primo posthuman prototype) progettato dalla filosofa e designer Natasha Vita-More (al secolo Nancy Clark), moglie di Max More. Il progetto del primo corpo transumano (per ora allo stato di semplice disegno) mostra tutte le caratteristiche della nuova specie rispetto all’essere umano tradizionale: l’individuo postumano è senza età, ha un patrimonio genetico modificabile, ha un’identità di genere mutevole ed è migliorabile nel tempo.
In tutti questi esempi siamo di fronte alla filosofia dell’estropianesimo, inteso come capacità di superare continuamente i limiti dell’umano, che prende il nome proprio da uno dei libri di Max More (Principles of Extropy). Una ricerca della trascendenza, quindi, ottenuta per via tecnologica e scientifica, in un orizzonte meramente storico e mondano.
Quale può essere la risposta di un’antropologia cristiana in questo quadro?
Una rapida archeologia sull’uso delle parole “transumanismo” e “transumano”, può fornirci una pista di risposta a tale sfida. È infatti Dante ad aver introdotto il neologismo “trasumanar” per indicare un’esperienza che oltrepassa i limiti dell’umano-che-è comune. Siamo all’inizio della Terza Cantica della Commedia (Paradiso, Canto I) che segna il passaggio dal luogo di purificazione (Purgatorio) a quello che il poeta chiama «regno santo» alludendo alla condizione dei beati, simboleggiato in questo caso dal “cielo”. Dante e Beatrice (che sarà la sua guida in questa esplorazione) vengono rapiti dal Paradiso terrestre, che segna la sommità della montagna del Purgatorio, fino all’Empireo, dove inizierà il nuovo viaggio. Dopo aver invocato l’assistenza di Apollo (vv. 13-42) per poter essere in grado di esprimere nel canto poetico quella contemplazione che è al di là dell’esperienza comune, Dante si perde nella contemplazione di Beatrice, a sua volta rapita dalla visione del cielo. In tal senso egli dice di vivere un’esperienza di trasfigurazione e oltrepassamento dell’umano, che non è possibile esprimere a parole, e che si limita a descrivere con l’esempio mitologico di Glauco, pescatore della Beozia trasformatosi in una creatura marina, lasciando poi al lettore la speranza di poter fare a sua volta esperienza diretta di quanto narrato in Paradiso («Trasumanar significar per verba non si porìa; però l’essemplo basti a cui esperienza grazia serba» (vv. 70-73). L’esperienza della “trasumanazione” quindi, rimanda sì a un fenomeno di dilatazione e oltrepassamento delle comuni capacità umane, ma in diretta dipendenza e contatto col divino, che la visione immediata e senza veli realizza. È l’esperienza stessa di Gesù, nella cui esistenza tutta relativa al Padre (trascendenza verticale) e ai fratelli (trascendenza orizzontale) si svela in pienezza il senso e la vocazione della persona umana, come ha ricordato il Concilio Vaticano II:
«In realtà solamente nel mistero del Verbo incarnato trova vera luce il mistero dell'uomo. Adamo, infatti, il primo uomo, era figura di quello futuro (Rm5,14) e cioè di Cristo Signore. Cristo, che è il nuovo Adamo, proprio rivelando il mistero del Padre e del suo amore svela anche pienamente l'uomo a se stesso e gli manifesta la sua altissima vocazione» (GS 22).
Alla sfida antropologica di delineare un nuovo umanesimo, con particolare attenzione ai mutamenti culturali più recenti, è stato dedicato anche l’ultimo Convegno Ecclesiale Nazionale svoltosi a Firenze nel 2015, dal titolo: In Gesù Cristo il nuovo umanesimo. Di fronte alle proposte culturali che il contesto attuale presenta, il Convegno ha voluto svolgere un «discernimento comunitario di fronte alle sfide del mondo contemporaneo», nella consapevolezza, come ha scritto Edgar Morin, che
«ciò che muore oggi, non è la nozione di uomo, ma una nozione insulare dell’uomo, isolato dalla natura e dalla propria natura; ciò che deve morire è l’auto-idolatria dell’uomo, che si ammira nell’immagine convenzionale della propria razionalità. La campana suona a morto per un’antropologia che non ha avuto il senso della complessità, mentre il suo oggetto è il più complesso di tutti. La campana suona a morto per una teoria chiusa, frammentaria e semplicistica dell’uomo» (e. morin, Il paradigma perduto. Esiste una natura umana? p. 191),
e che quindi la visione dell’humanum racchiusa nella fede cristiana, aperta alla relazione e all’alterità, sia ancora ricca di virtualità e ricchezze da portare nell’attuale dibattito antropologico e culturale. In tale ottica, tentando di «leggere i segni dei tempi e parlare il linguaggio dell’amore», come recita l’invito stesso al Convegno, si è tentato di delineare un umanesimo “in ascolto”, integrale e plurale, concreto, di interiorità e trascendenza, «consapevole sia dell’inadeguatezza delle forze («abbiamo solo cinque pani», come si legge nei vangeli) sia del “di più” di umanità che si sprigiona dalla fede e dalla condivisione». Facendo eco al rilievo che «la realtà è superiore all’idea» (Evangelii gaudium, 233), il Convegno ha voluto esprimere, anche nello stile, questa novità di approccio e di prospettiva, dando spazio alle diversi voci provenienti dai territori e dalle esperienze locali, proponendo non una teoria dell’umano articolata e completa, ma offrendo alcune linee e traiettorie da cui partire per un cammino comune, come i tre atteggiamenti (“Umiltà-disinteresse-beatitudine”) sottolineati da papa Francesco nel suo discorso di apertura, o come indicato dai diversi verbi (“Uscire-annunciare-abitare-educare-trasfigurare”) scelti dai vari gruppi di lavoro come titolo delle rispettive sintesi finali. Un orizzonte aperto e un cammino da compiere insieme (sia a livello di riflessione teologico-ecclesiale, che di vita vissuta) per proporre al mondo di oggi e alla sua ricerca di senso quell’Oltre-uomo del Vangelo (come recita il titolo di un sussidio per il Convegno preparato dal Seminario arcivescovile di Cosenza), che trascende l’humanum attraverso un’esperienza viva del Dio di Gesù e attraverso l’apertura e l’offerta-di-sé all’altro.
fr. Daniele Aucone, O.P.