Gesù pianse
Ez 37, 12-14 ; Sal 129 ; Rm 8, 8-11 ; Gv 11, 1-45
Il vangelo odierno presenta due generi letterari: il racconto della risurrezione di Lazzaro è intercalato da una riflessione teologica. Seguiamo il racconto. “Se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto. — Dove l’avete posto? — Vieni e vedi. Allora Gesù pianse. Scosso nuovamente da un fremito interiore, Gesù arriva al sepolcro.” Prima il rimprovero dell’amica Marta, poi la costatazione della morte dell’amico Lazzaro, “Vieni e vedi” la tomba, provocano in Gesù il pianto e una emozione che lo immobilizzano: Gesù ha dovuto lasciar soffrire l’amico, senza poterlo guarire, senza consolarlo, senza piangere con lui. Ora piange. Gesù, Lazzaro, Marta e Maria sono dei veri amici, vivono della loro amicizia reciproca. Tutti sanno che Gesù è un uomo eccezionale e avrebbe potuto guarire Lazzaro. Ma Gesù vuol far partecipi questi amici di qualcosa di più grande che la sua umanità. E ciò passa attraverso la sofferenza.
“Levate la pietra. — Lazzaro, vieni fuori!” La voce dell’amico Gesù raggiunge il corpo morto di Lazzaro e il Verbo, la Parola fatta carne, ridà vita alla carne del suo amico. Gesù compie un miracolo più grande che la guarigione e rivela così di esser Dio, Signore della vita e della morte. E rivela che Dio è davvero l’amico dell’uomo, e che prova un amore viscerale per ciascuno. Questo amore, che sorge dalle viscere di Dio, come dice la Bibbia, è un amore che libera e ci fa camminare sulla nostra strada, incontro al prossimo sofferente, incontro a Dio: “Scioglietelo e lasciatelo andare.”
fr. Adriano Oliva