Discernere ciò che è essenziale da ciò che è complementare
Dt 4, 1.5-19; Sal 147; Mt 5, 17-19
La liturgia di oggi propone ancora una volta un accostamento tra una pagina del Deuteronomio e un passaggio del Discorso della Montagna di Gesù: al primo dei discorsi di Mosè a commento della Legge antica fa riscontro il primo dei cinque discorsi di Gesù riportati da Matteo.
Gesù non è venuto “per abolire, ma per dare compimento” alla Legge, per svelarne le esigenze più profonde e radicali, per richiedere un’adesione profonda, non esteriore, che parta dalla mente e dal cuore. Nel rinviare alla centralità e alla radicalità del Decalogo, Gesù relativizza tuttavia l’importanza dei precetti della legislazione secondaria (613, secondo la tradizione rabbinica) che svolgevano una funzione di complemento e di dettaglio rispetto alle “dieci parole” consegnate a Mosè.
Per noi un invito a saper discernere sempre in ogni ordinamento ciò che è essenziale da ciò che è complementare, ciò che è costitutivo e intangibile da ciò che è secondario e mutevole. Una “fedeltà creativa” necessaria anche per accogliere l’invito a quell’improrogabile rinnovamento ecclesiale cui ci ha richiamato papa Francesco nella recente Esortazione apostolica Evangelii Gaudium (n.27). È quella “santità geniale, nuova, senza precedenti”, cui accennava Simone Weil in una lettera indirizzata a p. Perrin del 1942, indicandola come “la prima richiesta da farsi adesso, da farsi ogni giorno e in ogni ora, come un bambino affamato chiede incessantemente un po’ di pane”.
Chiediamola anche noi al Signore durante questo nostro cammino quaresimale.
fr. Daniele Aucone
Convento san Domenico, Pistoia