Come Gesù, incarnarsi nella storia
Is 7,10-14; 8,10 Sal 39 Eb 10,4-10 Lc 1,26-38
L’incarnazione del Verbo di Dio ci ricorda che da quel momento in poi tutta la storia umana è un’incarnazione, nel senso che ogni cristiano in quanto battezzato è chiamato a “incarnarsi” nella storia, a “sporcarsi” le mani con la quotidianità, affinché il Vangelo fecondi i meandri più nascosti dell’umanità. Da qui ne deriva che il cristianesimo avulso dalla logica del “servizio” non può più dirsi tale, non può più dirsi autenticamente se stesso. L’incarnazione è l’inizio della collaborazione responsabile di Cristo e della Vergine Maria al piano salvifico di Dio e, conseguentemente, in Cristo e in Maria ciascuno di noi è chiamato a dare il proprio “fiat” al disegno di Dio, collaborando alla redenzione, una collaborazione che deve essere “cosciente” e “responsabile” perché Dio non ci salva senza di noi.
La solennità dell’Annunciazione-Incarnazione è davvero la festa della perfetta unione del divino con l’umano, senza alterazione e senza diminuzione delle due nature: “Come Dio non è alterato dalla sua misericordia, così l’uomo non è annientato dalla sua nuova dignità”. Facciamo nostra questa “dignità” in maniera responsabile, mettendola al servizio del prossimo, soprattutto dei più lontani, dei più diseredati, degli esclusi, avendo come nostro unico Maestro il Cristo, Verbo incarnato: “O Maria, dolcissimo amore mio, in te è scritto el Verbo dal quale noi aviamo la dottrina della vita; tu se’ la tavola che ci porgi quella dottrina” (S. Caterina da Siena, Oratio XI)
fr. Luciano Cinelli
Convento di S. Maria Novella, Firenze