La basilica di S. Stefano protomartire a Gerusalemme
Dalla sua erezione nel V secolo alla sua ricostruzione alla fine del XIX secolo.
Situata a 250 metri a nord della porta di Damasco, la più bella delle porte che il Sultano Solimano il magnifico fece realizzare a metà del XVI secolo insieme alla cinta di mura della città di Gerusalemme, la basilica di santo Stefano protomartire vanta una lunga e avventurosa storia, riportata alla luce dai frati domenicani alla fine del XIX secolo.
Tutto cominciò con il martirio di santo Stefano, narrato negli Atti degli Apostoli. Stefano, diacono della Chiesa di Gerusalemme, “faceva grandi prodigi e miracoli tra il popolo” (At 6, 8). Nelle dispute con Stefano nessuno riusciva a resistergli, grazie alla sapienza ispirata con cui parlava. Trovarono quindi dei falsi testimoni e fu portato in giudizio nel sinedrio, che probabilmente all’epoca (siamo intorno all’anno 35) si trovava nel complesso del tempio di Gerusalemme, all’interno della cinta muraria.
Di fronte al sinedrio, santo Stefano tracciò la storia della Salvezza da Abramo fino alla Croce, ispirato discorso che gli guadagnò il martirio: “Proruppero allora in grida altissime turandosi gli orecchi; poi si scagliarono tutti insieme contro di lui, lo trascinarono fuori della città e si misero a lapidarlo” (At 7, 57-8).
La ricerca del luogo della lapidazione di santo Stefano ha come primo indizio la magra informazione degli Atti degli Apostoli, che fu trascinato “fuori della città”, poi fino al miracoloso ritrovamento delle reliquie del santo, solo alcune menzioni, ma nessuna indicazione topografica utile alla localizzazione del luogo. Nei secoli successivi, fino alla scoperta miracolosa nel 415 delle reliquie del protomartire a Cafargamala (probabilmente l’odierna Beit Gimal), abbiamo solo alcune menzioni del santo, mentre l’unico nuovo indizio sul luogo del martirio risale intorno al 400, in una predicazione di sant’Asterio, che dice: “avendo posto il tre volte santo su un luogo dal suolo piano, lo tempestarono di pietre”.
Dopo la traslazione delle reliquie del protomartire nella basilica di santa Maria sul monte Sion nel 415, la costruzione di una santuario più adatto alla venerazione fu iniziata per volontà dell’imperatrice Eudocia.
Secondo le fonti letterarie, una chiesa di santo Stefano era già in costruzione nel 444 e, nonostante la basilica di Eudocia fu dedicata nel 460, l’anno della morte dell’imperatrice, la sua ultimazione solo dopo alcuni anni. Annessa alla grande basilica imperiale, Eudocia fece costruire il complesso monastico più grande di Gerusalemme, a giudicare da quanto riportato da Cirillo di Scitopoli.
Da allora si perdono le tracce letterarie sul complesso della basilica, e nulla sappiamo degli eventuali danni subiti durante la distruttiva conquista persiana del 614, ma si narra che nel 638 dieci soldati greci furono decapitati vicino alla “porta della città” e che le loro spoglie furono deposte nell’oratorio di santo Stefano. Ciò fa pensare che a quell’epoca la basilica non fosse più in uso e che un oratorio fosse stato eretto per il culto del martire, citato in seguito anche nel 724 e 808.
La sorte di questo piccolo oratorio fu segnata dai Crociati che, durante l’assedio di Gerusalemme del 1187 da parte di Saladino, distrussero l’edifico per impedire alle truppe nemiche di avere una posizione elevata da cui sovrastare le mura nord della città.
Da allora si perse progressivamente la tradizionale localizzazione del martirio di santo Stefano a nord dell’attuale porta di Damasco, e già dal 1288, nelle pagine redatte dal pellegrino domenicano Ricoldo da Montecroce, la tradizione della valle del Cedron è oramai attestata. Bisognava attendere la decadenza dell’Impero Ottomano e la conseguente apertura alle nuove fondazioni che arricchirono Gerusalemme di numerosi conventi e monasteri, già a partire dalla seconda metà del XIX secolo, per arrivare alla scoperta dei resti della basilica di santo Stefano fatta costruire dall’imperatrice Eudocia.
A caccia di resti che potessero aumentare il valore dei loro terreni, molti proprietari di piccoli o grandi appezzamenti intorno alla città vecchia di Gerusalemme, aiutati e stimolati dalla ricerca di numerosi esploratori e cercatori occidentali, permisero la scoperta di importanti siti, dimenticati orami da secoli. Così fu anche per il piccolo oratorio di santo Stefano, scoperto dal proprietario di un campo a 250 metri a nord della porta di Damasco. Correva l’anno 1882 e la divina Provvidenza volle che il frate domenicano francese, Matthieu Lecomte, in pellegrinaggio a Gerusalemme, avesse l’idea di riportare l’Ordine Domenicano in Terra Santa. Già con un memorandum del 18 giugno 1882, spedito al Maestro dell’Ordine da Gerusalemme, suggeriva che l’Ordine profittasse delle circostanze favorevoli per tornare in Terra Santa. Sperando che i resti scoperti da poco a nord della cinta muraria fossero collegati alla basilica di santo Stefano, dopo una serie di mirabolanti e segreti negoziati, nella solennità del protomartire dell’anno 1882, il campo fu comprato! Nel 1883, con l’arrivo dei primi frati del formando convento, iniziarono gli scavi archeologici e i resti dell’imponente basilica eudociana furono portati alla luce. Poco dopo si decise di costruire una nuova basilica sullo stesso impianto della basilica bizantina, ed i lavori terminarono nel 1898, mentre la dedicazione risale al 1900.
Ad oggi, la nuova basilica di santo Stefano protomartire è la più grande chiesa cattolica di Gerusalemme ed il complesso annesso ospita l’Ecole biblique et archéologique française de Jérusalem il primo istituto di studi biblici e archeologici di terra santa, fondato nel 1890.
fr. Riccardo Lufrani, O.P.
Cf. M.-J. Lagrange, Saint Etienne et son Sanctuaire à Jérusalem (Paris: Gabalda, 1894)
Link: Ecole biblique et archéologique française de Jérusalem : http://www.ebaf.edu/?lang=en