Comunicazione e misericordia, un incontro fecondo
L’8 maggio 2016, la domenica di Pasqua che precede la Pentecoste, sarà la 50a Giornata Mondiale delle comunicazioni sociali. Si tratta dell’unica giornata mondiale stabilita dal Concilio Vaticano II. Il tema scelto da papa Francesco nel suo messaggio reso pubblico il 24 gennaio scorso ( Leggilo cliccando qui ), in piena sintonia con il Giubileo straordinario della Misericordia è : Comunicazione e misericordia: un incontro fecondo.
« Ciò che diciamo e come lo diciamo, ogni parola e ogni gesto dovrebbe poter esprimere la compassione, la tenerezza e il perdono di Dio per tutti ». Nessun tipo di diversità dovrebbe impedire il dialogo, che dovrebbe invitarci a comunicare da figli di Dio con tutti, senza esclusione, creando ponti, favorendo l’inclusione.
Il papa nel suo messaggio, come d’altronde ha già fatto in molti altri scritti, è come se volesse esprimere il sogno di un mondo più bello, che comprende anche quello delle comunicazioni, con parole di una semplicità disarmante : « Com’è bello vedere persone impegnate a scegliere con cura parole e gesti per superare le incomprensioni, guarire la memoria ferita e costruire pace e armonia»;
«Come vorrei che il nostro modo di comunicare, e anche il nostro servizio di pastori nella Chiesa, non esprimessero mai l’orgoglio superbo del trionfo su un nemico, né umiliassero coloro che la mentalità del mondo considera perdenti e da scartare! La misericordia può aiutare a mitigare le avversità della vita e offrire calore a quanti hanno conosciuto solo la freddezza del giudizio».
Il papa non nega mai la giustizia, e soprattutto non confonde la misericordia con un buonismo mieloso. « Noi possiamo e dobbiamo giudicare situazioni di peccato – violenza, corruzione, sfruttamento, ecc. – ma non possiamo giudicare le persone, perché solo Dio può leggere in profondità nel loro cuore. È nostro compito ammonire chi sbaglia, denunciando la cattiveria e l’ingiustizia di certi comportamenti, al fine di liberare le vittime e sollevare chi è caduto ». Ma la verità non serve per condannare e basta, fosse anche il male più grave, ma a toccare il cuore anche di chi sbaglia. « Solo parole pronunciate con amore e accompagnate da mitezza e misericordia toccano i cuori di noi peccatori. Parole e gesti duri o moralistici corrono il rischio di alienare ulteriormente coloro che vorremmo condurre alla conversione e alla libertà, rafforzando il loro senso di diniego e di difesa». Anche la verità va comunicata con misericordia quindi, perchè «la parola del cristiano […] si propone di far crescere la comunione e, anche quando deve condannare con fermezza il male, cerca di non spezzare mai la relazione e la comunicazione».
« Faccio appello soprattutto a quanti hanno responsabilità istituzionali, politiche e nel formare l’opinione pubblica, affinché siano sempre vigilanti sul modo di esprimersi nei riguardi di chi pensa o agisce diversamente, e anche di chi può avere sbagliato. È facile cedere alla tentazione di sfruttare simili situazioni e alimentare così le fiamme della sfiducia, della paura, dell’odio. Ci vuole invece coraggio per orientare le persone verso processi di riconciliazione, ed è proprio tale audacia positiva e creativa che offre vere soluzioni ad antichi conflitti e l’opportunità di realizzare una pace duratura ».
Quando eravamo bambini, ci ricorda il papa, l’amore familiare prescindeva dagli obiettivi raggiunti. E’ al sentirci famiglia che dovremo allora puntare, ad una casa o una famiglia dove la porta è sempre aperta e si cerca di accogliersi a vicenda, dove si impara il linguaggio della pazienza, della compassione, dell’attenzione, della misericordia : « La casa paterna è il luogo dove sei sempre accolto (cfr Lc 15,11-32) ». Più ci accogliamo come membri di una stessa famiglia, più entriamo in comunicazione gli uni gli altri.
Ma l’accoglienza presuppone l’ascolto : « Ascoltare non è mai facile. A volte è più comodo fingersi sordi. Ascoltare significa prestare attenzione, avere desiderio di comprendere, di dare valore, rispettare, custodire la parola altrui. Nell’ascolto si consuma una sorta di martirio, un sacrificio di sé stessi in cui si rinnova il gesto sacro compiuto da Mosè davanti al roveto ardente: togliersi i sandali sulla “terra santa” dell’incontro con l’altro che mi parla (cfr Es 3,5). Saper ascoltare è una grazia immensa, è un dono che bisogna invocare per poi esercitarsi a praticarlo ».
Il luogo dellle nostre comunicazioni, soprattutto quelle virtuali, il papa ci invita a considerarle come tutt’altro che anonime : « Anche e-mail, sms, reti sociali, chat possono essere forme di comunicazione pienamente umane. Non è la tecnologia che determina se la comunicazione è autentica o meno, ma il cuore dell’uomo e la sua capacità di usare bene i mezzi a sua disposizione. […] L’ambiente digitale è una piazza, un luogo di incontro, dove si può accarezzare o ferire, avere una discussione proficua o un linciaggio morale ». Il luogo delle nostre comunicazioni hanno permesso, secondo il papa, una nuova prossimità che si prende cura, conforta, guarisce, accompagna e fa festa. Prossimità è certamente una parola in controtendenza per parlare del comunicare attraverso i mezzi di comunicazione, che creano una mediazione, e dietro le quali talvolta ci si rifugia o si cambia identità per attaccare … o linciare l’altro, come afferma il papa !
In questo anno giubilare straordinario anche ogni forma di comunicazione sociale deve diventare invece un luogo di Misericordia, una prossimità nuova che mi mette a conoscenza, con più precisione e rapidità dei bisogni, dei sogni e delle gioie dei miei fratelli. Comunicare è quel luogo nel quale posso incontrare gli altri, quel luogo in cui, con le mie parole posso accarezzare gli altri. Eppure, pensando alle nostre comunicazioni quotidiane, o ai nostri silenzi, la prossimità è quanto mai un grande dono da implorare.
fr. Gian Matteo Serra, O.P.