S. Caterina nella vita di Mons. Pio del Corona
Monsignor Pio Alberto Del Corona, nasce a Livorno il 5 luglio 1837 e morirà a Firenze il 15 agosto 1912. Il 1 febbraio 1855, Pio Tommaso Alberto, vestì l’abito domenicano per le mani di P. Tommaso Corsetto Priore di San Marco, che in segno di predilezione gli diede anche il suo nome.
Così nel chiedere al P. Generale, l’approvazione per l’ammissione all’abito di Del Corona, il P. Corsetto scriveva: “La prego di far pago il desiderio di questo buono e bravo giovinetto”. Il P. Corsetto prima di essere trasferito a Firenze si trovava nel Convento di Siena, come risulta dalla cronaca del Convento senese. In una lettera datata 17 aprile 1880, così vi si legge: “Ai Domenicani si sentiva attratto in particolar modo per la devozione che ebbe fin da giovinetto a Santa Caterina da Siena. Di questa cara santa, scriverà più tardi, ancor da studente nel Collegio dei Barnabiti, io ero pazzo. Ne tradussi in latino la piccola vita, ne lessi avidamente le lettere, e ne ero innamorato. Cara e benedetta Santa".
La passione per lo studio, non gli impedì mai di prendere parte ad alcune distrazioni con i suoi compagni, che gradivano molto la sua presenza, per la semplicità e la sua grazia innocente. In modo particolare, amava fare con loro delle gite in barca sul mare, così bello a Livorno. Si mettevano d’accordo per prendere insieme in affitto una barchetta e, a remi, dopo aver superato i canali, prendevano il largo. Il luogo dell’imbarco era quasi sempre vicino alla Chiesa di Santa Caterina da Siena, officiata dai Padri Domenicani della celebre Congregazione di San Marco di Firenze. È quanto mai interessante, notare un fatto singolare, derivante, penso proprio, dalla sua devozione a Santa Caterina che diventa vera imitazione.
Il P. Ferretti così scrive di Mons. Pio Alberto: “La grazia di Dio si rivelava nel giovane novizio in modo singolare. Videsi specialmente nel fatto che il Padre Maestro, a cui egli confidava tutti i segreti del cuor suo e i suoi desideri, ben presto gli concesse, cosa affatto insolita ad accordarsi allora, di fare ogni mattina la santa Comunione”. Quando poi il Padre Vincenzo Bandecchi, a lui maggiore d’età, fu ordinato sacerdote ed eletto sottomaestro, il nostro fra Pio ottenne da lui, consentendo ben volentieri il Maestro, che ogni mattina, innanzi al Mattutino che si recitava alle cinque precise, celebrasse la messa nella Cappella del Noviziato. Fra Pio era tutto lieto di potergliela servire e di ricevere ogni mattina dalle sue mani il Pane degli Angeli. Ora, chi studia Santa Caterina sa quanto la Santa, ha dovuto lottare per poter fare spesso la Santa Comunione, quante estasi le hanno procurato le frequenti comunioni in San Domenico di Siena e quanto ha penetrato, come ben pochi hanno saputo fare, il mistero dell’altare. Senza la comunione non poteva vivere.
Il Signore Gesù le ispirò di accostarsi frequentemente all’altare, e di prendere quanto più spesso potesse dalle mani del sacerdote, Gesù presente nell’Eucarestia, affinché gustasse, almeno sacramentalmente durante il cammino della vita, Colui del quale non poteva ancora saziarsi, come bramava, nel Cielo. (Cfr: B. Raimondo da Capua) Infatti, fu lo Sposo dell’anima sua a spingere Santa Caterina, dolcemente ma in modo deciso a comunicarsi quotidianamente in un tempo in cui l’Eucarestia si riceveva raramente. Il desiderio dell’Eucarestia in Santa Caterina divenne così forte da implorare ora l’uno ora l’altro dei suoi confessori a farle la comunione ripetendo semplicemente: “Ho fame, una gran fame”. “Padre sapeste che fame che ho”. Il desiderio eucaristico era talmente forte da causarle dolore, se fosse stata privata dell’eucarestia, correva persino il rischio di morire.
fr. Alfredo Scarciglia, O.P.