Bisogna fermare l’aggressore ingiusto!
Le nostre suore domenicane in Iraq ci informano attraverso una lettera sincera e franca sulla situazione che stanno vivendo nella loro terra da quando l’ISIS ha iniziato la sua scalata di terrore e morte. L’aggressore ingiusto va fermato, diceva il papa durante il volo di ritorno dal suo viaggio in Corea del Sud. Una sola nazione non può giudicare come si ferma un aggressore ingiusto, dopo la seconda guerra mondiale c’è stata l’idea delle Nazioni Unite e là si deve discutere e dire “c’è un aggressore ingiusto, sembra di si, come lo fermiamo?
Eppure, dicono le nostre suore “noi non possiamo fidarci del governo centrale che sta cercando di formare un nuovo consiglio e che è incapace di difendere le minoranze. Inoltre sembra che non sia stata presa nessuna azione seria contro l’ISIS da parte della comunità internazionale. La gente non crede più a niente: né al governo, né alla protezione curda, ne alla Chiesa, e neanche alle forze internazionali.” Noi vogliamo continuare a non tacere.
Qui di seguito vi riportiamo la traduzione del testo della lettera delle nostre suore per intero.
Cari tutti,
Sono passati undici giorni ma ho l’impressione che siamo sempre allo stesso punto. Ci sono ancora persone senza casa nelle strade, altre nei parchi, altri ancora vivono rifugiati nelle scuole. La gente cerca disperatamente dei posti dove andare ; anche i cantieri, le case non terminate, le halls private e le cantine sono abitate. Molte persone vivono in appartamenti e case e senza mobili, a dei prezzi scandalosamente alti. Nelle case la gente dorme per terra perché non possono permettersi di comprare mobili. Alcuni hanno la fortuna di vivere dai loro genitori, in case piene di persone. La situazione peggiore è quella dei rifugiati che iniziano a non avere più soldi perchè non possono più ritirarli dalle banche e non possono nemmeno trovare un lavoro per guadagnarne.
La situazione è disastrosa e noi non siamo in grado di comprenderla pienamente.
Le nostre autorità religiose ci assicurano che l’esercito curdo dovrebbe proteggerci, ma si è bruscamente ritirato da molte città della piana di Ninive e noi abbiamo dovuto rapidamente decidere di partire. La maggior parte della gente ha scelto di dirigersi verso Erbil, la città più vicina al Kurdistan. La città è stracolma, più di 75000 persone si sono rifugiate lì, altri sono andati in altre città come Kirkuk, Zakho, Sulaimania et Akra. Alla popolazione manca tutto : cibo, acqua, vestiti , medicine, casa e soldi. Inoltre la città di Erbil non può accogliere tutte queste persone. Noi facciamo quel che possiamo. Tutte le suore che sono in grado di lavorare partono al mattino e rientrano la sera per andare a sostenere le persone fornendo loro cibo, con l’aiuto della Chiesa e dei centri dei rifugiati.
Noi non possiamo fidarci del governo centrale che sta cercando di formare un nuovo consiglio e che è incapace di difendere le minoranze.
Inoltre sembra che non sia stata presa nessuna azione seria contro l’ISIS da parte della comunità internazionale. La gente non crede più a niente : né al governo, né alla protezione curda, ne alla Chiesa, e neanche alle forze internazionali. Ecco perché il 90% della popolazione se ne vuole andare. Ma non è facile perché la maggior parte di essi non hanno né passaporto né documenti per viaggiare. L’alternativa è di rimanere ma questa è una scelta ancora più difficile. L’inverno non tarderà e la gente non può restare sulle strade, i bambini dovranno andare a scuola e bisognerà lavorare per guadagnare qualcosa per vivere.
Noi dobbiamo aiutarli e abbiamo bisogno di voi per farlo.
C’è tantissima gente nei campi dei rifugiati che non hanno assolutamente niente : noi vorremmo sfamarli, curarli, portar loro dei vestiti e tutto ciò di cui hanno bisogno. Per far questo noi abbiamo bisogno di un aiuto finanziario.
Per quel che ci riguarda, come comunità, noi abbiamo abbandonato 19 siti dove eravamo presenti, dove avevamo delle scuole e degli orfanotrofi. Abbiamo anche saputo che l’ISIS ha preso il nostro convento e l’orfanotrofio che noi gestivamo a Bartila. Lo stesso ha fatto con i nostri conventi di Mosul e di Tal Kaif (così come la scuola e l’asilo nido).
La suore sono sparse un po’ dappertutto e noi dobbiamo riunirle in due comunità, a Duhok e a Ankawa. A Ankawa, noi abbiamo un pezzo di terra, e stiamo pensando di comprare dei caravan. Le cose potrebbero migliorare e noi potremmo ritornarci per un po’ di tempo, ma non pensiamo che l’avvenire sia là. Ecco perché noi saremmo riconoscenti per qualsiasi aiuto che potrà esserci dato.
Grazie per il vostro ricordo degli iracheni nella vostra preghiera.
Le suore domenicane di Santa Caterina da Siena in Iraq.
- original at: http://www.op.org/fr/content/17-aout-2014-nouvelles-des-soeurs-dominicaines-dirak#sthash.iN5V1VMB.h7ohsrHR.dpuf
fr. Gian Matteo Serra, O.P.