La potenza umile del seme
Chi di noi non ricorda lo splendido quadro di Vincent Van Gogh, “Il seminatore al tramonto”? Spesso mi sono soffermata a contemplarne ogni dettaglio e ancora oggi non cessa di stupirmi. Questo capolavoro fu realizzato dal pittore nel 1888 ad Arles, in Provenza. Figlio di un pastore protestante, Van Gogh riuscì a dedicarsi per un certo tempo alla predicazione come evangelizzatore laico, seguendo le orme paterne. Esistono alcuni sermoni sul tema della semina, evidentemente a lui molto caro, dove paragona Dio a un seminatore che “infonde la sua benedizione nel seme del suo Verbo gettato nei nostri cuori” (Sermone del 1876).
In questa XV domenica del Tempo Ordinario la tela di Van Gogh, quasi attraverso un’esperienza immersiva e multisensoriale, ci aiuta a vivere da protagonisti la parabola del seminatore riportata da Matteo, visualizzandone tanti dettagli. Nella parabola, infatti, troviamo occhi e orecchi beati che vedono e ascoltano, menti che comprendono e cuori che ricordano, mani che si aprono alla semina e frutti che si raccolgono... E intensi profumi di Pasqua!
Il dipinto, conservato oggi al Museo Kröller-Müller di Otterlo, ci presenta un seminatore, “il” seminatore, che sparge il seme con un largo gesto della sua mano destra, con la mano sinistra tiene sul cuore la bisaccia, alle sue spalle un sole sfolgorante che dà luce a tutto il quadro, da cui sprigiona una forza benedicente e vivificante che avvolge tutto; sullo sfondo a sinistra una casa, da cui il seminatore è uscito. Ai piedi del sole il grano biondeggia e sul campo arato si aggirano alcuni uccelli scuri. In mezzo al terreno si apre un sentiero che sembra creare un varco. L’immenso sole giallo si staglia al centro della scena in tutto il suo splendore: sembra quasi cantare di gioia con la sua luce che esalta i colori del grano, illumina, dà senso e pienezza al quadro e all’azione feconda del seminatore. Dominano nella scena due colori: il giallo del cielo e il blu del terreno. C’è quindi un vero e proprio scambio tra colori e realtà, uno scambio tra cielo e terra. Il terreno azzurro però sembra anche un mare, con una sorta di cammino che lo divide in due.
“Quel giorno Gesù uscì di casa e si sedette in riva al mare… Salì su una barca e si mise a sedere. Egli parlò loro di molte cose in parabole”. Inizia così il Vangelo di oggi. Il Rabbi parla, seduto, e tutto intorno tace. Tutto si prepara all’ascolto e all’azione sorprendente del seminatore. Come non ricordare qui l’Esodo, l’uscita dall’Egitto, Mosé e il cammino di liberazione del popolo di Israele verso la terra promessa? Quel terreno azzurro evoca un grande mare, il Mar Rosso, le cui acque si dividono in due per l’azione di Dio, che libera il popolo dalla schiavitù “con mano potente e braccio teso” (Sl 136,12). Nel quadro di Van Gogh quel sole sfolgorante fa pensare non tanto al tramonto ma all’alba di un nuovo giorno, la Pasqua, giorno che non avrà mai fine! Il sole, infatti, figura centrale della tela, è la fonte della Vita, una vita che esplode di luce, calore e benedizione: è il Padre, da cui tutto ha origine, il Creatore che crea benedicendo e ricrea dandoci il Figlio, la benedizione del Padre.
Mi riporta subito alla memoria l’immagine del Sole con cui Dio Padre si rivela a S. Caterina da Siena:“Io sono l’eterno Dio, Sole da cui procede il Figlio e lo Spirito Santo” (…) “Così il sangue del Verbo mio Figlio è un Sole, tutto Dio e tutto uomo, perché è una sola cosa con me e io con lui” (Dialogo della Divina Provvidenza, 110). Se il Sole è il Padre, la luce sfolgorante è la potenza dello Spirito, il seminatore è Cristo Risorto. Lui, Verbo del Padre, incede con passo fiero e deciso verso l’eternità e con la mano destra sparge il seme della Parola di vita e verità, che trae dalla “bisaccia” del suo cuore aperto, tutto spalancato per ogni uomo. Qui e ora è in azione tutta la Trinità e il suo progetto di salvezza nella missione del Figlio!
Questa splendida immagine profuma di Vangelo, profuma di Pasqua, passaggio di liberazione già compiuta ma non ancora pienamente realizzata in noi. E ben visualizza quel seminatore della parabola odierna che esce a seminare senza fare scelta preventiva del terreno, sfidando con audacia ogni ostacolo che vi trova: l’impermeabilità della terra battuta, la stretta soffocante delle spine, la durezza delle pietre. Ci ricorda il suo gesto di una gratuità sconvolgente, la sua umile pazienza nell’attendere che il seme cresca, il rischio dello spreco che egli assume, perché la sua logica non è il successo ma il dono di sé. Parte della sua semina sarà forse cibo per i corvi o rimarrà sterile, tra le pieghe della terra, nelle pieghe della storia. Ma il seminatore non misura la sua semina sulle possibilità di raccolto. È straordinariamente generoso e gratuito. E ha in noi una fiducia smisurata! Sa che la potenza umile del seme porta frutto, “compie” ciò per cui è stata seminata perché è Lui stesso il seminatore e il seme: Lui è il chicco di grano che, caduto in terra, muore e produce molto frutto.
È quello che il profeta Isaia preannuncia nella prima lettura. Paragona la Parola uscita dalla bocca di Dio alla pioggia e alla neve, che discendono dal cielo “e non vi ritornano senza avere irrigato la terra, senza averla fecondata e fatta germogliare”. Isaia ci assicura che il seme della Parola è fecondo, ha in sé una potenza intrinseca, la “dynamis” dello Spirito Santo, che compie irrevocabilmente ciò per cui è stata mandata. La terra del nostro cuore, nonostante le condizioni avverse in cui si può trovare, che siano spine, rovi o sassi, preoccupazioni, indurimento o superficialità, viene fecondata, irrigata, lavorata e dissodata dal paziente agricoltore, se lo lasciamo agire. E, nella misura della nostra accoglienza, porta frutto.
Nella seconda lettura, tratta dalla lettera ai Romani, San Paolo ci ricorda che questo processo di trasformazione è anche gemito interiore, “doglie di parto (…) aspettando l’adozione a figli, la redenzione del nostro corpo”. Ma ci assicura che “le sofferenze del momento presente non sono paragonabili alla gloria futura che sarà rivelata in noi”. Nella terra del nostro cuore avviene quindi una fecondazione, una gestazione e una nascita operata dalla Parola. Quel seme, nella pazienza del tempo, ci fa rinascere figli, nuove creature nate dalle acque di vita del Battesimo e rigenerate giorno dopo giorno dall’incontro personale, vivo e trasformante con Gesù Risorto. “… a voi è dato di conoscere i misteri del Regno dei cieli”.
Questa è la Parola di oggi, una bella notizia di salvezza per tutti, traboccante di gioia, consolazione e speranza. Ma è al contempo un forte appello alla nostra “respons-abilità”: la capacità e libertà di rispondere al suo amore o rifiutarlo, in un rapporto di personale intimità con Gesù, nell’ascolto della sua Parola, non come ascoltatori smemorati (Gc 1,25) ma nell’incessante ricordo del suo amore che ci fa liberi. C’è un ladro nella parabola, il maligno, che si aggira sulla terra del nostro cuore per rubare quanto vi è stato seminato. Farci dimenticare che siamo figli amati “da morire” è proprio il suo lavoro!
“Chi ha orecchi, ascolti”, “Ascolta, Israele” (Dt 6,3), “Ricordati che sei stato schiavo nel paese d’Egitto e che il Signore tuo Dio ti ha fatto uscire di là con mano potente e braccio teso” (Dt 5,15): a noi dunque la risposta, per diventare ciò che siamo, terra buona, benedetta, beata perché uscita dalle sue mani, che dà frutto e produce in misura diversa, il trenta, il sessanta, il cento per uno.
“Beati i vostri occhi perché vedono e i vostri orecchi perché ascoltano”! Beati dunque, come Maria, che ha creduto nel compimento della Parola in lei, terra bella perché amata e guardata dal suo Signore e Salvatore. Da questo sguardo d’amore che la rende feconda sgorga il suo gioioso “eccomi”. E nel suo grembo germoglia e prende carne il Verbo, Vita in abbondanza per tutti.
Beata anche la giovane sposa e madre, la serva di Dio Chiara Corbella Petrillo, che ha rinunciato alle cure chemioterapiche, dando la sua vita per salvare quella di Francesco, la creaturina che portava in grembo. Così Chiara scriveva in una lettera al bambino nel suo primo compleanno: “Sei stato un dono grande nella nostra vita perché ci hai aiutato a guardare oltre i nostri limiti umani. L’amore ti consuma ma è bello da morire! Sappiamo che sei speciale e hai una missione grande, il Signore ti ha voluto da sempre e ti mostrerà la strada da seguire se gli aprirai il cuore. Fidati, ne vale la pena!”.
Beati tutti noi se ci fidiamo di Lui! Chiamati ad essere seminatori della Parola di salvezza, oggi col salmista possiamo esultare: “Tu visiti la terra e la disseti, la ricolmi di ricchezze. Tutto canta e grida di gioia”!
Sandra Podda
fraternita laica domenicana Cagliari