DOMENICANI

Provincia Romana di S. Caterina da Siena

Nel deserto  

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Dio, tu mi conduci nel deserto,dove la vita è difficile,dove domina il dubbio, dove regna l'oscurità, dove manchi Tu.

Il deserto è un passaggio per chi Ti ha scelto, un passaggio per chi Ti ama, un passaggio necessario alla vita, un passaggio che mette alla prova. Tu mi dai la prova ma anche la forza di superarla, mi dai il deserto ma anche la forza di proseguire. Ho paura del deserto, ho paura di mancare, ho paura di abbandonarti. E' facile sentirti nella gioia, è semplice scoprirti nella natura, è difficile amarti nel deserto. Nella notte del dolore, nell'oscurità del dubbio, nel deserto della vita non farmi dubitare di Te. Non Ti chiedo di liberarmi dal deserto, ma aiutami a comunicare con Te, non Ti prego di togliermi il deserto, ma fammi camminare verso di Te.

L'uomo di oggi fa molta fatica a trovare la strada della solitudine, la strada che lo conduce a se stesso, al mondo e a Dio. Cos'è, dunque, la solitudine? Se essa si definisce in base alla relazione che ho con l'altro in cui m'imbatto o con l'altro che giace nella parte più intima di me stesso, la solitudine è il contrario dell'isolamento, che invece nega tale relazione. L'isolamento si distingue dalla solitudine in quanto nega la possibilità dell'apertura all'altro, vissuta sempre come un'altera­zione. Più in profondità, esso è negazione del desiderio che por­tiamo in noi, il desiderio dell'altro. L'isolamento e il mutismo vanno di pari passo, perché la relazione con l'altro trova l'e­spressione propria nella parola, e la negazione della prima com­porta la scomparsa della seconda. Si potrebbe dire che l'isola­mento stia alla solitudine come il mutismo sta al silenzio. Tacere implica che si abbia qualcosa da dire; essere soli suppone anche la possibilità di non esserlo, di essere aperti al mondo. La pre­senza dell'essere amato è sentita, nella solitudine, come un'as­senza. Nell'isolamento la separazione è vissuta come un'inquie­tante interruzione del contatto. Per provare a se stesso che esi­ste, l'isolato ha bisogno della presenza materiale dell'altro, per quanto insopportabile. La scomparsa o il cambiamento dell'altro lo fa precipitare in una dolorosa incertezza, quella che compare quando è venuto meno ogni punto di riferimento. Così nel 1974 Madre Teresa risponde a un sacerdote che sta vivendo dolorosamente la sua ‘notte interiore’: “ Oggi, tramite lei, Gesù vuol rivivere la propria sottomissione al Padre. Glielo permetta. Non importa che cosa lei sente, ma che cosa lui prova dentro di lei. La smetta di guardare se stesso e gioisca di non avere nulla, di non essere nulla, di non potere fare nulla. Doni a Gesù un gran sorriso ogni qualvolta la sua nullità la spaventa. Questa è la povertà di Gesù. Lei ed io dobbiamo consentirgli di vivere in noi e mediante noi nel mondo.” ( cit. in S. Gaeta, Il segreto di Madre Teresa,Casale M. 1992)

 

(rubrica a cura di fr. Vincenzo Caprara, O.P.)

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