Al Padre
Tu, che io non conosco ma a cui appartengo.
Tu, che non comprendo, ma da cui ricevo il mio destino - abbi pietà di noi, così che davanti a te nell'amore e nella fede, nella giustizia e nell'umiltà, possiamo seguirti con abnegazione e coraggio e incontrarti nel silenzio. Non so chi - o che cosa – ha posto la domanda, non ricordo neppure quando ho risposto, ma ad un certo punto ho risposto sì a Qualcuno e da quell'ora ho avuto la certezza che l'esistenza ha un senso e che perciò la mia vita nell'abbandono di s ha uno scopo. Da quel momento ho saputo che cosa vuol dire non guardare indietro e non essere con ansietà solleciti per il domani.
Dag Hammarskjold
L’altare “al dio ignoto” è il sintomo di una ricerca, di domande che attendono una risposta, di un bisogno spirituale inappagato. Anche nel nostro tempo un filosofo come Nietzsche esprime l’insopprimibile bisogno dell’uomo di conoscere Dio: «Conoscerti voglio, o Ignoto, / Tu, che mi penetri nell’anima / E mi percorri come un nembo, / Inafferrabile congiunto! / Conoscerti voglio e servirti». La predicazione cristiana annuncia il “Dio conoscibile” attraverso la vita e l’opera di Gesù Cristo. Credere in Gesù Cristo, morto e risorto, significa riconoscere l’azione di Dio per l’umanità. L’accoglienza dell’annunzio cristiano rende possibile l’incontro con colui che si è rivelato nella storia, ma è anche presente nell’intimo all’uomo. «Ti cercavo fuori di me – esclama sant’Agostino – e non ti trovavo, perché tu sei il Dio del mio cuore» (Confessioni, 6,1,1).
(rubrica a cura di fr. Vincenzo Caprara, O.P.)
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