Non credo
Non credo al diritto dei più forti, al linguaggio delle armi, alla potenza dei potenti. Voglio credere ai diritti dell'uomo, alla mano aperta, alla potenza dei non-violenti.
Non credo alla razza o alla ricchezza, ai privilegi, all'ordine della forza e dell'ingiustizia: è un disordine. Non credo di potermi disinteressare a ciò che accade lontano da qui. Voglio credere che il mondo intero è la mia casa e il campo nel quale semino, e che tutti mietono ciò che tutti hanno seminato. Non credo di poter combattere altrove l'oppressione, se tollero l'ingiustizia qui. Voglio credere che il diritto è uno, tanto qui che altrove, che non sono libero finchè un solo uomo è schiavo. Non credo che la guerra e la fame siano inevitabili e la pace irraggiungibile. Voglio credere all'azione semplice, all'amore a mani nude, alla pace sulla terra. Non credo che ogni sofferenza sia vana. Non credo che il sogno degli uomini resterà un sogno e che la morte sarà la fine. Oso credere invece, sempre e nonostante tutto, all'uomo nuovo. Oso credere al tuo sogno, o Dio, un cielo nuovo, una terra nuova dove abiterà la giustizia.
Dorothee Solle
Nelle parole della teologa tedesca Dorothee Sòlle emerge la sua esigenza di manifestare una fede e una riflessione teologica «dopo Auschwitz», esperienza che vede ancora oggi drammaticamente viva nella violenza contro il Terzo mondo e contro il creato. La sua è una teologia dalle manifeste implicazioni politiche: « Io credo in Gesù Cristo, che con ragione, anche lui impotente come noi, si è adoperato per trasformare tutte le situazioni e per questo è morto. Rispetto a lui riconosco quanto la nostra intelligenza è zoppicante, la nostra fantasia spenta, la nostra fatica sprecata perché non viviamo come lui viveva».
(rubrica a cura di fr. Vincenzo Caprara, O.P.)
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