La necessità del silenzio
Non c'è solitudine senza silenzio. Il silenzio è talvolta tacere, ma è sempre ascoltare.
Un'assenza di rumore che fosse vuota della nostra attenzione alla parola di Dio non sarebbe silenzio. Una giornata piena di rumori, piena di voci, può essere una giornata di silenzio se il rumore diventa per noi l'eco della presenza di Dio, se le parole sono per noi messaggi e sollecitazioni di Dio. Quando parliamo di noi stessi, quando parliamo tra noi, usciamo dal silenzio. Quando ripetiamo con le nostre labbra gli intimi suggerimenti della Parola di Dio nel profondo di noi stessi, lasciamo il silenzio intatto. Il silenzio non ama la confusione delle parole. Sappiamo parlare o tacere, ma non sappiamo accontentarci delle parole necessarie. Oscilliamo senza posa tra un mutismo che affossa la carità e una esplosione di parole che svia la verità. Il silenzio è carità e verità. Esso risponde a colui che chiede qualcosa, ma non dà che parole cariche di vita. Il silenzio, come tutti gli impegni della vita, ci induce al dono di noi stessi e non ad un'avarizia mascherata. Ma esso ci tiene uniti per mezzo di questo dono. Non ci si può donare quando ci si è sprecati. Le vane parole di cui rivestiamo i nostri pensieri sono un continuo sperpero di noi stessi. "Vi sarà chiesto conto di ogni parola". Di tutte quelle che bisognava dire e che la nostra avarizia ha frenato. Di tutte quelle che bisognava tacere e che la nostra prodigalità avrà seminato ai quattro venti della nostra fantasia o dei nostri nervi.
Madeleine Delbrel
“Il silenzio appartiene alla struttura fondamentale dell’uomo”(Max Picard, Il mondo del silenzio). Il silenzio ha per l’uomo una moltitudine di valenze. E’ innanzitutto una dimensione in cui cercar rifugio dalla realtà esterna. Il silenzio aiuta a pensare, a concentrarsi, a ritrovare s stessi e ad ascoltarsi. In esso l’uomo genera idee con la tranquillità dovuta ad una temporalità nuova: tutto è più lento e dilatato. Inoltre, attraverso il silenzio, l’uomo può manifestare rispetto nei confronti di una realtà superiore (di cui per natura aspira invano alla conoscenza), e accettazione della propria limitatezza. Questo atteggiamento traspare in diversi momenti della storia del pensiero. Gli scettici greci, nell’incapacità di dare delle risposte alle grandi questioni metafisiche, propongono l’epoche, la sospensione del giudizio (e quindi il silenzio) pur non rinunciando alla continuazione della ricerca. In questo modo danno inizio a un filo rosso che toccherà filosofi di varie epoche giungendo fino ai contemporanei. Il filosofo austriaco L. Wittgenstein chiude il suo “Tractatus logico-philosophicus” con la celebre proposizione “Su ciò di cui non si può parlare, si deve tacere”, facendo naturalmente riferimento anch’egli alle stesse problematiche filosofiche. Il silenzio è poi protagonista dei momenti più importanti della vita di un uomo e come afferma G. Leopardi “è il linguaggio di tutte le forti passioni, dell’amore, dell’ira, della maraviglia, del timore”. Tra queste passioni spicca l’amore. Quando si è innamorati il silenzio acquista un valore speciale. La grande intimità tra due amanti rende le parole un qualcosa di troppo; si sviluppa una sorta di empatia per cui, in silenzio, si condivide ogni pensiero, sensazione. Pascal afferma che “in amore un silenzio ha più valore di una parola”. Il silenzio è infine intimamente legato alla morte. Chi muore entra per sempre in una dimensione di silenzio e chi assiste alla morte altrui ha bisogno di silenzio e raccoglimento.
(rubrica a cura di fr. Vincenzo Caprara, O.P.)
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