L'umanità di Dio
Alla mia età, dopo lunga e laboriosa ricerca, che non è ancora terminata, vorrei dire sommessamente che la bontà di Dio ha l'ultima parola nella nostra vita, la quale è di fatto un miscuglio di senso e di non senso, di salvezza e non salvezza, di disperazione e speranza.
E' seguendo il modo di vivere di Gesù per gli uomini, sanzionato da Dio, che noi abbiamo il senso della nostra esistenza. Il Dio che ci trascende è un Dio umano, un Dio che ama gli uomini, che si preoccupa della loro storia. L'umanità di Dio si incontra con l'umanità degli uomini e la eleva.
Edward Schillebeeckx
L’essenziale dell’essenziale della fede cristiana è che Dio è amore (1Gv 4,8) e per questo Dio si è fatto uomo perché l’uomo diventasse Dio (s. Ireneo). Se capitasse che un punto qualsiasi della dottrina cristiana apparisse senza legami con l’amore o in contraddizione con l’amore, saremmo in diritto di rifiutarlo (F. Varillon). L’approfondimento del mistero di Dio e del mistero dell’uomo può avvenire solo alla luce di Gesù Cristo, pienamente Dio e pienamente uomo. Il Cristo (Dio diventato uomo perché l’uomo diventi Dio) è sacramento di Dio e sacramento dell’uomo. L’unità dell’uomo e di Dio nel Cristo è il centro che dà senso all’umanità. Bisogna ovviamente evitare qualsiasi confusione tenendo presente che un Dio che diventa uomo è Dio in senso più completo e che un uomo divinizzato è più pienamente uomo (E. Borne, La Croix, 27 giugno 1980). Ma non si può dire di aver scoperto il cuore stesso della fede se non si è intravisto in Gesù Cristo il Dio d’amore umile e vulnerabile. Egli non è il Dio della giustizia vendicativa che esigerebbe il sacrificio del Figlio, nè il Dio del deismo paternalista che si accontenterebbe della mediocrità degli uomini. Definire l’uomo come essere divinizzabile (e questo è l’insegnamento costante di tutta la tradizione cristiana) significa dargli fiducia nel futuro: è una spiritualità di costruttori di civiltà. Non un ottimismo ingenuo e beato, ma una speranza che si basa fondamentalmente sull’inaudito dono della divinizzazione offerta a ogni uomo e a tutta l’umanità. Come si deve cercare di parlare bene dell’uomo, così si deve anche tentare di parlare bene di Dio. Allora forse si placherà questo dolore senza fondo e senza volto che si è levato sull’occidente dove si sostiene, nonostante il mistero di Cristo, che Dio si è allontanato dai nostri dolori per diritto di trascendenza. Bisogna cercare di parlare per questi uomini che vomitano se stessi per il disgusto di non essere amati (così credono) da colui che i cristiani continuano a chiamare l’amore stesso del mondo (G. Martelet, L’aldilà ritrovato, Queriniana 1977, pag. 181).
(rubrica a cura di fr. Vincenzo Caprara, O.P.)
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