Fare ed essere
La gente pensa troppo a ciò che deve fare e troppo poco a quel che deve essere.
Meister Eckhart
Il cammino di ogni essere umano è diretto a raggiungere sempre più in profondità ciò che egli è, perché il suo cammino è lo scopo di Dio. Non c'è altro scopo, nessun'altra direzione all'infuori di questa. In questo senso, fare non serve a nulla, perché non è a partire dal fare che tale viaggio verrà compiuto: facendo non si arriva in nessun luogo diverso da dove si è già, e tutte le manifestazioni del fare, muteranno stato, forma, scompariranno, ricompariranno. Come castelli di sabbia costruiti in riva al mare. Per questo, fare è inutile, se antecedente o fattore causale dell'Essere. Prima viene Essere, poi ne deriva fare, se necessario. Questo è lo scopo di Dio, e lo scopo di ogni essere umano. Sebbene sia assolutamente naturale che la concentrazione, il tempo e la pratica, cioè attributi del fare, permettano l'avvicinarsi ed il realizzarsi di qualsiasi obiettivo, occorre prestare grandissima attenzione a non rendere l'obiettivo futuro più importante di ciò che è possibile compiere in questo momento. Cioè a dire, non rendere il fare più importante dell'essere. Dal lontano Medioevo ci viene questa considerazioni ancor oggi attuale.L’azione, in ogni campo, viene esaltata. Si impara fin da piccoli a “fare” qualcosa ( anzi, meglio molte cose) e oggi la tecnologia completa e perfeziona il nostro fare. Basti pensare ai giovani e alle loro abilità cibernetiche che superano spesso quelle degli adulti. Ma questo attivismo nasconde un’insidia; lo sviluppo dell’essere, della personalità, dell’individualità viene mortificato e ne soffre fin quasi a scomparire. L’azione può essere addirittura eterodiretta e se ciascuno di noi non impara a sviluppare la sua individualità, che è poi la libertà e la dignità della persona, rischia di diventare sì una ‘macchina’ efficiente , ma privata della peculiarità di individuo liberamente pensante.
(rubrica a cura di fr. Vincenzo Caprara, O.P.)
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