DOMENICANI

Provincia Romana di S. Caterina da Siena

Lavanda dei piedi, capovolgimento della vita

briciole croce

«Io vi ho dato un esempio, affinché anche voi facciate come vi ho fatto» (Giovanni 3,5)

Un lontano mi scrive parole, che, se non mi sorprendono, mi fanno soffrire. «Non parteciperò al rito del giovedì santo. La lavanda mi ha sempre inchiodato. Forse passa per quest'impressione incancellabile il filo che mi tiene ancora avvinto, in un certo senso, alla chiesa. Ma se ci tornassi quest'anno con l'animo che mi hanno fatto gli avvenimenti all'insaputa di me stesso, mi verrebbe la tentazione di gridare anche contro di voi, che pur mostrate di capire tante cose: capite voi quello che fate? - Forse non l'avete mai capito: certo, adesso, non lo capite più. Quell'azione è un capovolgimento della vita e voi ne fate un rito». Amico caro e lontano, nella mia chiesa non si fa la funzione del Mandato, ma il vangelo che lo racconta, lo leggo ugualmente a bassa voce - il tono dell'indegnità che si confessa - davanti al cenacolo, dopo l'Ufficio delle tenebre, quando non ci si vede più e ci si può vergognare di noi stessi senza falsi pudori. Lo leggo per me e, se vuoi, anche per te e per qualcun altro che soffre come noi, quantunque le parole decisive non si possano leggere che per sé. Amico lontano e caro, non ti dico: torna anche quest'anno al rito del Mandato. Non ti dico neppure: non chiederti se noi comprendiamo quello che il Cristo ha fatto. Appunto perché hai l'impressione che nelle nostre chiese ciò che tu giustamente chiami il capovolgimento sia in pericolo di diventare una semplice «forma rituale», io ti scongiuro di non fermarti quest'anno nella navata della tua chiesa, spettatore indeciso e indisposto. Portati avanti, fino alla tavola eucaristica per «levarti» subito dopo la comunione, non come un commensale qualunque, ma come un servo dell'Amore che deve cambiare il mondo. I «capovolgimenti» non si attendono, si fanno. «Se sapete queste cose, siete beati se le fate».

don Primo Mazzolari

Con la sua parola Gesù aveva raggiunto il gruppo dei discepoli nel suo insieme, ma con la lavanda dei piedi raggiunge ognuno personalmente, entra in comunione con ciascuno di loro, li ama tutti singolarmente. Gesù non si limita a dare agli apostoli una lezione di umiltà che, al momento, avrebbe potuto essere capita abbastanza facilmente, anche se era difficile da accettare. Gesù dice a Pietro: «Quello che io faccio, tu ora non lo capisci, ma lo capirai dopo». Nella lavanda dei piedi vi è un mistero che si può comprendere solo col dono dello Spirito Santo. Gesù porta una nuova visione, un modo nuovo di vivere, impossibile da imitare con le nostre sole risorse umane. Gesù, con la forza dirompente di un umile gesto, riassume tutto il suo messaggio ed esprime la logica rivoluzionaria del suo Regno, dove il potere è servizio amorevole e dove in cima alla piramide non ci stanno i potenti ma gli ultimi, i poveri, i diseredati, i deboli. L’acqua lava e purifica. Lavando i piedi dei suoi discepoli Gesù li perdona non “dall’alto”, col potere del Maestro, ma “dal basso”, con la comunione e la tenerezza. Indica loro un’altra via, quella della piccolezza, dell’umiltà e del perdono. Chiede loro di vivere tutta la follia del Vangelo: amare senza misura, essere compassionevoli, non giudicare ma perdonare sempre, giungere fino ad amare il nemico. Gesù compie un servizio che, in quell'epoca, esercitavano gli schiavi: lavare i piedi ai padroni, a cittadini liberi. Con questo suo atteggiamento, egli, Signore e Maestro, mostra chiaramente che non è venuto per essere servito, ma per servire. La lavanda dei piedi, infatti, non è per lui un atto isolato di amore e di umiltà, ma il simbolo di tutta la sua condotta, del suo amore che arriva fino al dono della vita. Imitare Gesù significa comprendere che noi cristiani abbiamo senso se viviamo «per» gli altri, se concepiamo la nostra esistenza come un servizio ai fratelli, se impostiamo tutta la nostra vita su questa base.

 

(rubrica a cura di fr. Vincenzo Caprara, O.P.)

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