In questo mondo
In questo mondo coloro che m'amano cercano con tutti i mezzi di tenermi avvinto a loro.
Il tuo amore è più grande del loro, eppure mi lasci libero. Per timore che io li dimentichi non osano mai lasciarmi solo. Ma i giorni passano l'uno dopo l'altro e tu non ti fai mai vedere. Non ti chiamo nelle mie preghiere, non ti tengo nel mio cuore eppure il tuo amore per me ancora attende il mio amore.
Rabindranath Tagore
I PARTE
Fromm nel libro "L'arte di amare" dice che l'amore è un'arte, quindi per impararla c'è bisogno di allenamento, di impegno, di pazienza. Invece gli esseri umani sono persuasi che, così come si cresce, così automaticamente si diventa capaci di amare. Questa opinione è basata su tre pregiudizi. "La maggior parte della gente ritiene che amore significhi essere amati, anziché amare, di conseguenza per loro il problema è come farsi amare". Dunque noi non poniamo l'accento sullo sforzo attivo che dobbiamo fare per amare una persona, ma come farci amare, ovvero ci preoccupiamo di renderci attraenti, belli, ricchi, intelligenti. Invece dovremmo sviluppare, per renderci "amabili", la fiducia, il coraggio, la disponibilità profonda, che sono tutte facoltà che ci predispongono all'incontro con l'altro. La supposizione che amare sil riduca al problema di trovare la "persona giusta". Tutta la preoccupazione e l'attenzione sono spostate fuori di noi, nella persona da amare o da cui essere amati. Non pensiamo affatto che dobbiamo sviluppare invece noi la nostra capacità di amare. Dice Fromm che tra due persone esiste, prima che si incontrino, un mistero, che è dato dalla personalità dell'altro, che noi non conosciamo, ma che desideriamo conoscere e penetrare. Molte volte si scambia per amore questo desiderio di penetrare nel cuore di un'altra persona. Quindi l'innamoramento sarebbe l'incontro con un'altra persona che ci attrae per motivi che spesso noi non conosciamo a livello cosciente e che noi vogliamo possedere. Nel momento in cui avviene questo incontro, noi siamo ‘innamorati’. Ma nella misura in cui noi entriamo in questo mistero della persona prima sconosciuta, questa stessa persona finisce di essere interessante ai nostri occhi e finisce anche l'innamoramento. C’è una grande differenza tra innamorarsi e amare: il rapporto di amore, quando è conseguenza di tutto uno sviluppo e di tutta una maturazione della personalità, è un rapporto che tende a restare duraturo. L'amore maturo preserva l'integrità e l'autonomia personale di ogni partner, non annulla l’altro a beneficio di sè, ma consente a ciascuno dei due di sentirsi realizzato nelle sue potenzialità, rispettato nelle sue esigenze. Invece l'unione simbiotica non rispetta l'integrità e l'individualità di ciascuno dei due, ma nasconde sempre una tendenza a rendere prigioniero l'altro, a togliergli la libertà o mettere l'altro in uno stato di totale dipendenza.
II PARTE
Dalle «Omelie sulla seconda lettera ai Corinzi» di san Giovanni Crisostomo, vescovo (Om 13, 1-2; PG 61, 491-492)
Il nostro cuore si è aperto per voi
«Il nostro cuore si è tutto aperto per voi» (2Cor 6,11). Come il calore, così la carità ha la prerogativa di dilatare, è, infatti, una virtù ardente e impetuosa. Essa apriva la bocca e dilatava il cuore di Paolo. E non vi era nessun cuore più grande del cuore di Paolo. Egli come ogni persona che ama, abbracciava con amore tanto profondo tutti i fedeli che nessuno ne era escluso o messo da parte. E non ci meravigli questo suo amore verso i credenti, dal momento che il suo amore si estendeva anche ai non credenti. Non disse infatti: «Amo soltanto con la bocca, ma anche il cuore canta all'unisono nell'amore con la bocca, perciò parlo con fiducia, con tutto il cuore e con tutta la mente». Non dice: «vi amo», ma usa un'espressione assai più significativa: «La nostra bocca si è aperta e il nostro cuore si è dilatato» cioè vi porto tutti nell'intimo del cuore, in un abbraccio universale. Chi è amato, infatti, si muove a suo piacimento nell'intimo del cuore che lo ama. Per questo l'Apostolo afferma: «Non siete davvero allo stretto in noi; è nei vostri cuori invece che siete allo stretto. Io parlo come a figli: rendeteci il contraccambio, aprite anche voi il vostro cuore!» (2Cor 6,12-13). Nota il rimprovero, addolcito dall'amore, caratteristica delle persone che amano. Non dice loro che non lo amano, ma fa capire che non gli vogliono bene come lui a loro. Non vuole rimproverarli, se non dolcemente. Si scorge dappertutto, nelle singole lettere, la presenza di questo suo vivissimo amore per i fedeli. Scrive ai Romani: Bramo vedervi e spesso mi son proposto di venire da voi. Spero di poter in qualche modo venir a trovarvi (cfr. Rm 1,10-11). Ai Galati manda a dire: «Figlioli miei, che io di nuovo partorisco nel dolore» (Gal 4,19). Agli Efesini: «Per questo motivo, piego le ginocchia davanti al Padre per voi» (Ef 3,14). Ai Tessalonicesi aggiunge: Qual è la mia speranza o la mia gioia o la mia corona di gloria? Non siete forse voi? (cfr. 1Tt 2,19). Asserisce così di portarli in cuore anche se incatenato. Scrive inoltre ai Colossesi: Voglio che sappiate quale lotta io sostengo per voi, anche per coloro che non mi conoscono di vista, perché trovino consolazione i vostri cuori (cfr. Col 2,1), e ai Tessalonicesi: Come una nutrice, che cura i suoi bambini, così avremmo voluto, per il grande affetto per voi, darvi non solo il Vangelo, ma anche la vita (cfr. 1Ts 2,7-8). Non vuole che si angustino per lui. Però non desidera essere solo lui ad amare, ma anche essere riamato da loro, per attirare maggiormente i loro animi. E gioisce di questo loro atteggiamento. Assicura infatti: È venuto Tito e ci ha fatto conoscere il vostro desiderio, il vostro pianto, il vostro amore per me (cfr. 2Cor 7,7).
(rubrica a cura di fr. Vincenzo Caprara, O.P.)
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