Per le famiglie
Il movimento domenicano delle famiglie vuole offrire a tutte le famiglie la possibilità di interpretare la propria esperienza coniugale e famigliare alla luce del Vangelo attraverso la sapienza ed esperienza dello stile di vita domenicano, nello stesso tempo fa arricchire la vita ecclesiale comunitaria e domenicana dalla vita nuziale e famigliare. La sua visione di Chiesa e civiltà si ispira al Concilio Vaticano II e vuole porsi in stretta comunione con l’epoca digitale nella quale sempre di più la famiglia umana si introduce.
La parola “movimento” nel linguaggio tommasiano può essere interpretato nel seguente senso: “muovere” è per s. Tommaso “passare dalla potenzialità all’attuazione”, vale a dire “realizzare”. Il movimento vuole perciò contribuire alla realizzazione umana e cristiana delle persone che compongono le varie famiglie. La vita domenicana si articola intorno a quattro modalità di vita: predicare, studiare, contemplare-celebrare la liturgia e vita comunitaria e democratica. Il movimento desidera far scoprire alle famiglie la capacità vivificante e liberante di questa modalità di vita.
(Bozza statuto Movimento Domenicano delle Famiglie)
Sito Web: Movimento Domenicano delle Famiglie
E-mail: famiglieop@gmail.com
Domenico e la nascita del suo Ordine
Il 22 dicembre 1216 papa Onorio III approvava la Bolla di costituzione dell’Ordine dei Frati Predicatori, universalizzando un progetto di evangelizzazione che lo spagnolo Domenico di Guzman, aveva già iniziato nella diocesi di Tolosa. Stando alle prime biografie Domenico fu investito della missione di fondatore fin dal 1203, quando venne cooptato per una delicata missione dal suo vescovo Diego d’Acabes. Il futuro santo doveva fargli da compagno per un viaggio in Danimarca allo scopo di combinare un matrimonio per la figlia del re Alfonso VIII di Castiglia, missione poi fallita per la morte della principessa o, come altri storici sostengono, per la sua entrata in monastero. Quello che invece riuscì fu l’accendersi, nel vescovo Diego e nel sottopriore del capitolo di Osma Domenico, di un fervente desiderio missionario nato dal contatto che essi ebbero durante il loro viaggio con esponenti dell’eresia catara. Si racconta infatti, che in una delle tappe di andata Domenico passasse un’intera notte a discutere con l’oste di fede catara che li aveva albergati e che proprio in seguito a quella discussione Domenico iniziasse a comprendere quanto fosse urgente annunciare la vera dottrina evangelica.
Dopo una breve tappa romana in cui sia Domenico che Diego chiesero ad Innocenzo III (senza successo) di poter andare verso oriente ad evangelizzare le popolazioni cumane, nel 1206 i due spagnoli ripresero la strada verso nord, ma lentamente in Domenico veniva a maturarsi la convinzione che la proibizione impostagli dal papa di andare verso i cumani e di dirigersi in alternativa verso i catari e gli albigesi, poteva trasformarsi in una specifica vocazione ecclesiale a cui dedicarsi con tutte le energie possibili.
Dopo avere dunque ricevuto l'ordine del Papa a recarsi nel sud della Francia per sostentere l'opera di ri-evangelizzazione delle popolazioni ormai catare, durante il loro periodo di azione missionaria, Diego e Domenico vennero continuamente a contatto con questi eretici che si presentavano come uomini austeri e colti, che conoscevano alla perfezione la Sacra Scrittura, ma che soprattutto vivevano con uno stile di vita perfettamente coerente al dato evangelico. E non v’è dubbio che «fu [proprio] in questo periodo che Domenico mutò il suo ideale da strettamente e personalmente missionario inter infideles, in comunitario e organico».
Il primo successo della sua predicazione che Domenico raccolse fu la conversione di un gruppo di donne dall’eresia albigese, per le quali fondò un monastero a Prouilhe, che era un luogo situato vicino a Fanjeaux, ossia il paese eletto a quartier generale della sua predicazione in Linguadoc.
Gli eventi maturavano rapidamente e Domenico e i suoi frati discussero seriamente a Fanjeaux, negli anni tra il 1214 e il 1215, della possibilità e della necessità della fondazione di un Ordine che continuasse l’opera intrapresa. Nella primavera del 1215 i compagni di Domenico erano pronti nelle loro decisioni e il vescovo di Tolosa, Folco, lì costituì in fraternita di predicatori per la sua diocesi. Tommaso e Pietro Seilhan, due facoltosi cittadini di quella città, furono i primi ad emettere i loro voti nelle mani di Domenico. Pietro Seilhan donò quindi a Domenico alcune case di sua proprietà, la più grande delle quali diventò il primo convento dell’Ordine. Poco dopo il vescovo Folco concesse loro la chiesa tolosana di san Romano affinché la neonata comunità vi potesse recitare l’ufficio divino.
L’Ordine, però, aveva adesso bisogno, a giudizio di Domenico, di ottenere dal papa l’approvazione ufficiale che ne certificasse l’eccesialità. L’occasione si presentò quando nel 1215 Folco dovette scendere a Roma assieme a Domenico, per assistere al Concilio Lateranense IV.
Arrivato con Folco a Roma, Domenico pregò il papa Innocenzo III di voler confermare il suo Ordine che, nei suoi intenti doveva essere, di nome di fatto, un ordine di predicatori. «Ma ascoltata la loro richiesta, il Romano Pontefice esortò fra Domenico a ritornare dai suoi Frati per scegliere di comune accordo, dopo aver con essi discusso della cosa, una delle regole già approvate. Il Vescovo avrebbe poi dovuto loro assegnare una chiesa e finalmente ciò fatto, fra' Domenico avrebbe dovuto tornare dal Papa per ricevere la conferma di tutto».
Il canone XIII emanato dal Concilio Lateranense IV, infatti, vietava esplicitamente che nella Chiesa si fondassero nuove società religiose imponendo, a chi volesse fondare una casa religiosa, di adottare una delle regole già esistenti. Tornato a Tolosa, nella Pentecoste del 1216 Domenico convocò in Capitolo i frati per sottoporre ad approvazione le disposizioni richieste da Innocenzo III. Al tempo la regula per eccellenza era quella di San Benedetto, ma essa, soprattutto a partire dall’XI secolo, era stata via via sostituita nelle fondazioni canonicali e ospedaliere dalla regola di sant’Agostino. E fu a quest’ultima che anche il primo Capitolo dei Domenicani dette la preferenza, perché – dirà in seguito Umberto de Romans - Agostino nel comporla si era ispirato alla vita degli apostoli. Domenico poteva dunque fare ritorno a Roma e chiedere al papa la definitiva approvazione del suo Ordine. Nel frattempo, però, il papa Innocenzo III era morto e i cardinali avevano eletto in breve tempo il suo successore: Onorio III.
La scelta fu delle migliori, perché il nuovo Pontefice non ebbe alcuna difficoltà a continuare la politica del suo predecessore, ragion per cui anche la rinnovata richiesta di conferma che gli fu posta da Domenico, quando fu ricevuto in udienza nel palazzo Vaticano, non ebbe difficoltà ad essere accolta. Fu così che il 22 dicembre 1216 in San Pietro, Domenico poté finalmente ricevere il documento di conferma tanto desiderato. Con la bolla di Onorio III Domenico riceveva non solo la conferma delle rendite assegnategli dal vescovo e dal conte di Tolosa, ma anche un certo numero di libertà e garanzie riguardanti l’accettazione dei frati, la loro professione religiosa, la forma delle lezioni e cose simili.
Dominicanes: i cani del Signore!
L'url del nostro sito nasce da un gioco di parole. Tutto parte da una visione della Beata Giovanna d’Aza, madre di San Domenico, che aveva visto sé stessa dare alla luce un piccolo cane che incendiava tutta la terra. "Nella visione del cane veniva prefigurata la nascita di un esimio predicatore, che avrebbe portato la fiaccola di un ardente discorso, col quale infiammare con forza la carità, in molti cuori raffreddata, e con i latrati di una assidua predicazione avrebbe scacciato i lupi dal gregge ed eccitato alla vigilanza delle virtù le anime che dormivano nei peccati" spiegava il Beato Umberto de Romans, quarto successore di San Domenico. Da qui ecco che la mascotte dei domenicani è un cagnolino bianco e nero (che richiama i colori del nostro abito) che corre con una torcia in bocca e infiamma il mondo. Ecco allora il gioco di parole in lingua latina: Dominicani, che prendono il nome da Dominicus, che a sua volta ha le sue origini nel termine Dominus, Signore, diventano Domini canes, i Domenicani : i cani del Signore, cani docili e fedeli al loro padrone.
I Dominicanes, per continuare a tenere il nostro nomignolo, sono in realtà i frati dell’Ordine dei Predicatori. Il loro programma è “la carità della verità”, e la loro vita si basa sul giusto equilibrio tra contemplazione e azione, riproponendo nella comunione fraterna, nella preghiera, nello studio e nella predicazione, il modello di vita degli Apostoli, sull’esempio di San Domenico.
La carità della verità, sembra intendere Domenico, è un modo tutto particolare di amare Dio, gli uomini e il mondo, ma essa ha bisogno per essere testimoniata di uomini preparati e capaci. A questo i frati domenicani sono chiamati e su questo essi devono costruire la loro vita. Santa Caterina da Siena ricevette da Dio una perfetta sintesi del progetto di Domenico quando nel Dialogo le è ricordato che: «Il padre tuo Domenico [...] volle che i suoi frati attendessero solo all’onor mio e la salvezza delle anime, col lume della sapienza. Su questo lume volle porre il suo principio, non togliendo però la povertà vera e volontaria. [...]. Ma quale obbiettivo più specifico egli scelse il lume della scienza, per estirpare gli errori che in quei tempi si erano diffusi. Egli assunse dunque l’ufficio del Verbo unigenito mio figliolo. Addirittura un apostolo egli sembrava nel mondo, tanta era la verità e il lume con cui seminava la mia parola, levando le tenebre e donando luce».
Due sono le azioni che scaturiscono da questo amore della verità: la contemplazione e l’azione apostolica, che di questa contemplazione è frutto e sorgente. La contemplazione dell’amore di Dio porta il domenicano all’azione apostolica e quindi non solo a ricercare la perfezione personale, ma all’offrire e predicare in primis con la testimonianza della sua vita la Parola contemplata e studiata. La Predicazione viene dall’abbondanza della contemplazione, e la contemplazione non è più solo fine a se stessa, ma finalizzata alla carità verso Dio e verso il prossimo. Come illuminare è più che risplendere, così donare ciò che si è contemplato è più che solo contemplare, diceva san Tommaso d’Aquino.
Tutto questo i frati domenicani cercano di viverlo comunitariamente. Ma attenzione! Una comunità domenicana, non è solamente un associarsi fraterno di persone che si sono riunite per raggiungere un fine comune. È molto di più. È comunione nella carità, proprio come lo era quella degli apostoli, perché formare una comunità, nella vita religiosa, significa non solo essere insieme, ma vivere insieme. E tutto ciò non può che portare a condividere con gli altri quel grande dono che insieme riceviamo ogni giorno nella preghiera, nello studio, nell'osservanza dei voti e nella vita in comune: Gesù Cristo, Figlio di Dio fattosi uomo.