La Trinità di Masaccio, espressione della vicinanza di Dio
Una delle cose che più colpisce colui che, entrando in Santa Maria Novella a Firenze, si avvicina alla Trinità di Masaccio, è una frase, una sorta di memento mori sopra quello scheletro così anatomicamente perfetto che si trova ai piedi della Trinità, la frase recita così: «IO FU[I] G[I]A QUEL CHE VOI S[I]ETE E QUEL CH[‘]I[O] SON VOI ANCO SARETE». Ma cosa ci dice veramente questa frase, è semplicemente la classica espressione “Ricordati che devi morire?” un rimando a quel destino di morte al quale tutta l’umanità è chiamata? O nasconde qualcosa di più profondo, un qualcosa che non si riesce a comprendere all’istante?
Questo memento mori possiamo ribaltarlo e interpretarlo come se venisse pronunciato dal Cristo, in questo modo diventa immediatamente una bellissima espressione della vicinanza di Dio all’umanità, di un Dio che non lascia le sue creature in balia della forza distruttiva della morte, ma che prendendo la nostra natura umana si fa nostro prossimo per ricondurci al Padre.
Diviene quindi una frase che esemplifica quella che è la “Missione Divina”, ovvero quell’azione attraverso la quale la Ss. Trinità manda una Persona divina nel mondo, nel tempo, affinché l’uomo, possa ricevere dei benefici. Una “missione” che San Tommaso distingue in “Visibile” ed in “Invisibile”, infatti per “Missione Visibile” si intende l’incarnazione del Verbo e la discesa dello Spirito Santo nel giorno di Pentecoste su Maria e gli apostoli; mentre per “Missione Invisibile” si intende l’invio del Verbo e dello Spirito Santo nelle anime per infondere la grazia santificante.Questa frase ci parla della venuta del Figlio nella carne, in una carne uguale alla nostra e dona la speranza che il nostro corpo non rimarrà a marcire nel sepolcro per l’eternità, perché «Io, quando sarò elevato da terra, attirerò tutti a me» (Gv 12,32), Cristo con la sua elevazione, elevazione mirabilmente dipinta da Masaccio ci attira verso di sé, ovvero ci porta dentro il Mistero della Ss. Trinità.
Questo scheletro dipinto ci parla allora della speranza e della certezza che il peccato di Adamo è stato sconfitto, e di come Cristo vero Dio e vero Uomo ci redime, perché Lui «è stato messo a morte per i nostri peccati ed è stato risuscitato per la nostra giustificazione» (Rm 4,25), è stato messo a morte per togliere il peccato, per togliere il mistero d’iniquità e per sconfiggere in modo definitivo la morte (cfr. 1 Cor 15,26), una morte che si riduce ad uno scheletro senza forza come quello raffigurato da Masaccio in Santa Maria Novella.
fr. Manuel Giovanni M. Russo, O.P.
Convento Santa Maria Novella, Firenze