Da girovaghi e vagabondi a pellegrini di speranza
“Nell’anno di grazia del Signore nostro Gesù Cristo …” con questa espressione, a prima vista pomposa e formale, nel passato si era soliti indicare in realtà una profonda verità: che sempre il tempo è dono di Dio e coloro che vivono nel presente, hanno la fortuna di viverlo nella rivelazione fattaci da Cristo di un Dio che è padre, che non solo ci ha generati, ma ci anche redenti nel suo Figlio, aprendoci ad una speranza unica nella fede. Carissimi lettrici e lettori de “La Patrona” il buon Dio ci sta donando di vivere nell’anno di grazia del Signore nostro Gesù Cristo 2025, l’anno del Giubileo che ci chiama a riscoprire il nostro essere costitutivamente “pellegrini di speranza”, ma anche l’anno in cui significativamente ricorrono tre anniversari importanti legati alla figura di santa Caterina da Siena: gli ottocento anni della posa della prima pietra dell’attuale complesso monumentale di San Domenico a Siena (marzo 1225) alla cui ombra è nata e si è formata cristianamente nella spiritualità domenicana la figlia di Fontebranda; i seicentocinquanta anni delle stimmate ricevute a Pisa dalla nostra Santa (1° aprile 1375); i cento anni dell’elevazione a Basilica minor concessa dal papa Pio XI (8 luglio 1925) riconoscendone così l’importanza per via della reliquia della Sacra Testa che vi si conserva. Anniversari che ci spronano a ripensare al fine di recuperare il significato degli avvenimenti che per un cristiano, come ricordava Alessandro Manzoni, non sono casualità, ma sempre espressione concreta ed eloquente della Provvidenza divina.
Proprio al fine di recuperare detti significati, iniziamo nel presente numero – nella sezione cultura – a presentare in un accurato articolo della Dott.ssa Laura Bonelli, la storia della fondazione del complesso di San Domenico, dell’apporto dato dalla figlia dei Benincasa a detto luogo, ma anche con l’illustrazione delle opere d’arte che l’hanno arricchita nei secoli e che tuttora vi si conservano. Inoltre, dopo che lo scorso anno abbiamo pubblicato diversi articoli di pastori della Chiesa[1], quest’anno si è programmato di chiedere delle riflessioni – che appariranno nella sezione spiritualità – ai Superiori generali degli Ordini con i quali Caterina ebbe contatti nella sua vita. In questo numero potrete quindi leggere gli articoli del Gran Maestro dell’Ordine di Malta e dell’Abate Generale di Monte Oliveto Maggiore. Inoltre, sempre nella sezione spiritualità il P. Alfredo Scarciglia presenta un’utile ‘sintesi’ del Dialogo. Infine, la Dott.ssa Franca Piccini – nella sezione cronaca/prossimi eventi – ricorda gli avvenimenti degli ultimi tre mesi e presenta quegli in programma. A tutti la riconoscenza e il ringraziamento più sincero da parte di tutta la Redazione.
Data l’amnesia di cui sembra soffrire volutamente la nostra società contemporanea e la sua cultura, è allora di fondamentale importanza riproporre ciò che costituiscono dei veri e propri memoriali della fede cristiana e del loro contributo ad una società dal volto umano delle famiglie dei popoli, in quanto ricorda non solo che l’uomo è l’immagine di Dio (cf Gen 1,26-27), ma anche che proprio per questo è anche chiamato alla santità: “Siate santi, perché io, il Signore, Dio vostro, sono santo” (Lv 19,2). In questo si fonda l’amore per l’altro fondato nel nome di Dio che edifica la comunità umana nella santità, proprio secondo la natura, l’immagine e il volere di Dio. In questa prospettiva l’attuale Giubileo c’invita a riscoprire il nostro essere di passaggio su questa terra con la consapevolezza del pellegrino che ha una meta ed è animato da una speranza della quale bisogna essere: “… pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi. Tuttavia questo sia fatto con dolcezza e rispetto, …” (1 Pt 3,15). Nella continua presa di coscienza che non siamo dei girovaghi (da gyrus circolo) che passano la loro vita girando in tondo senza conseguire nessuna meta come i cavalli che devono essere addestrati o come asini che devono girare una màcina nel mulino, ma di non essere neanche dei vagabondi (dal vagabundus, der. di vagari: vagare) che non hanno una fissa dimora, che si spostano da un luogo ad un altro senza avere una meta. A tal proposito ci ammonisce il santo papa Gregorio Magno: “Nessuna contrarietà ci distolga dalla gioia della festa interiore, perché se qualcuno desidera raggiungere la meta stabilita, nessuna asperità del cammino varrà a trattenerlo. Nessuna prosperità ci seduca con le sue lusinghe, perché sciocco è quel viaggiatore che durante il suo percorso si ferma a guardare i bei prati e dimentica di andare là dove aveva intenzione di arrivare”[2]. Per aiutare la comprensione e l’approfondimento di questa verità, è utile rifarsi alla lingua di Omero. Infatti, in greco antico abbiamo due distinte parole per indicare la vita: βιος (bios), la vita quam vivimus, cioè la vita qualificata, di qualsiasi genere, che ha un inizio e una fine, e ζωή (zoé), la vita qua vivimus, quella che è l’essenza della vita e che cristianamente è non tanto la vita eterna, ma la vita con l’Eterno (αιώνια ζωή – aiónia zoí).
Per ragioni di spazio, concludo limitandomi a proporvi alcuni brani che nelle varie opere della Santa senese possono aiutarci a riflettere sull’importanza di essere animati nel nostro pellegrinaggio terreno dalla virtù della speranza. Essa ne parla in modo particolare nel Cap. 136 del Diaologo[3]– dedicato alla Provvidenza divina in generale – dove ricorda che il fondamento della speranza per la nostra salvezza si trova unicamente nella passione di Cristo, nel suo sangue versato per noi. Sottolineando che Dio risponde sempre a coloro che durante il cammino terreno chiedono con fede e speranza: “… chi spera in me bussa e chiama in verità, non solamente con la parola, ma con affetto e col lume della santissima fede – gusteranno me nella provvidenzia mia”[4]. Anzi, è proprio la speranza che fa operare la provvidenza divina nella misura in cui si fida e obbedisce a Dio: “Sì ti dico che la mia provvidenzia non mancarà a chi in verità spera in me, ma [ma non …] in quelli che si dispera di me e spera in sé”[5], ma non si può sperare in Dio e nel mondo, nelle cose finite, allo stesso tempo. Di fatto, la speranza di chi spera nel mondo è vana, transitoria e ingannevole: “Ma l’anima che perfettamente spera in me e serve con tutto il cuore e con tutto l’affetto suo, subito per necessità, per la cagione detta, si conviene che si disperi di sé e del mondo, di speranza posta con propria fragilità”[6]. Infine, evidenzia che la speranza vera è più o meno perfetta, secondo la perfezione della carità. Poi distingue nella speranza quella in Dio stesso – propria dei spiritualmente perfetti – da quella che confida di ottenere qualche vantaggio da Lui (specifica degli imperfetti). In ogni caso la provvidenza non mancherà mai ad entrambi, nella misura in cui sperano in Dio e non in loro stessi, anche se però gli imperfetti non riescono a vederla: “Unde, perché ànno posta la speranza e il servizio loro nelle tenebre, caggiono in mormorazione e vengono ad impazienza”[7]. Questa idea centrale riguardo la speranza è ripresa e declinata anche nelle Lettere[8]. In modo particolare in una indirizzata al papa Urbano VI[9], in quella A Rainaldo da Capua, di sottile ingegno, in Napoli, investigatore de’ misteri di Dio, e della santa scrittura[10]e anche in quella indirizzata A madonna Lariella donna di misser Cieccolo Caracciolo di Napoli[11]dove nota una caratteristica ulteriore: “Adunque nella speranza ha grandissima allegrezza. Tutto il bene e utilità, che è nella carità, si trova nella speranza, perché procede da lei”[12]. Che questo “anno di grazia del Signore 2025” sia veramente un tratto del nostro pellegrinaggio terreno nel quale possiamo riscoprire, per intercessione di Caterina, la gioia di vivere nella speranza che si concretizza in un amore concreto a Dio e al prossimo, che si fonda e trova forza e motivazione nella certezza della fede nel Signore Gesù Cristo che ha dato tutto per ognuno di noi: “Questa vita nella carne, io la vivo nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha dato se stesso per me.” (Gal 2,20).
Siena, 11 marzo 2025
P. Bruno, O. P.
In anteprima l’Editoriale de “La Patrona”, gennaio-marzo 2025