Meditazioni Domenicane

La Luce dell’Arte: Il Beato Angelico e la Bellezza Divina

Celebrazione a Roma nella Basilica di S. Maria Sopra Minerva, in onore del Beato Angelico presieduta dall’arcivescovo Alfonso V. Amarante, Magnifico Rettore della Pontificia Università Lateranense.
Vi proponiamo di seguito il testo della sua Omelia

Carissimi,

la festa del beato Angelico e il suo ricordo in quanto patrono universale degli artisti, proclamato tale da Giovanni Paolo II in questa chiesa il 18 febbraio 1984, ci permette ancora una volta di contemplare la Divina Bellezza all’opera nelle creature e di riflettere, a partire dalla Parola di Dio, su come anche noi possiamo divenire testimoni di quella Luce vera «che illumina ogni uomo» (Gv 1,9).

Nella Scrittura la prima parola pronunciata da Dio è stata: «Sia la Luce» (Gn 1,3). Questa è un riflesso della gloria di Dio, è come la veste di cui egli si copre; il profeta dirà: «…il suo splendore è come la luce, bagliori di folgore escono dalle sue mani» (Ab 3,4). Se dunque la luce è rivelatrice dell’autentica bellezza, ogni uomo – e tra questi in modo particolare l’artista – è chiamato a percorrere la via pulchritudinis porta d’accesso alla via veritatis, come ci ha ricordato San Giovanni Paolo II.

Chi di noi può negare che viviamo in un mondo immerso nelle tenebre? Gli echi di tante guerre e conflitti così come le quotidiane cronache di soprusi e crimini efferati pongono al credente dei quesiti irrinunciabili: come riaccendere questa “Luce vera” nel vivere quotidiano? In una società dominata dalla tecnica la bellezza come via d’accesso a Dio ha qualche possibilità di farsi spazio sulla dittatura del ‘funzionamento’? E soprattutto: come può l’artista/ il credente parlare oggi ad ogni uomo in una società globalizzata?

Guardiamo la liturgia della Parola per scorgere – speriamo con occhi illuminati – quanto può sostenerci in questo nostro pellegrinaggio terreno.

  1. Lo Spirito Santo è il Cimabue del cristiano

Nella prima lettura, il brano della lettera ai Romani, si inserisce nella grande descrizione che l’apostolo fa del contrasto tra la vita nello Spirito e la vita nella carne. Ci sono due campi esistenziali opposti: da una parte ci sono “quelli che sono sotto il dominio della carne”, lontani dal vivere e compiere l’amore fraterno; dall’altra ci sono “quelli che hanno un’esistenza a misura dello Spirito”, quindi animati interiormente da un dinamismo che li porta a impegnare volontà ed energie per costruire relazioni d’amore. Il credente è chiamato ad avere piena consapevolezza del dono di questa mentalità nuova creata dallo Spirito.

Ma questa mentalità non è solo il frutto della cultura, della conoscenza, delle sedimentazioni umane. Il processo di accumulo culturale nel credente viene illuminato dal rapporto con Dio. È dall’unione dell’umanità con la divinità che emerge in ognuno di noi il di più che illumina e oltrepassa il mero sapere fine a se stesso. D’altronde ciò è quanto testimonia del beato Angelico il Vasari: «Dicono alcuni che fra Giovanni non avrebbe preso i pennelli se prima non avesse fatto orazione».

Il primato dello Spirito va di pari passo col primato dell’umiltà nella vita cristiana. A volte questo cammino fa fatica ad emergere in molti credenti: siamo innamorati follemente del nostro sapere e poco amanti della sorgente, fortemente autoreferenziati, pieni di noi. L’abate Sisöe, al momento della sua morte, già illuminato, confessa umilmente: «non ho neppure ancora cominciato la mia penitenza»1.

Il primato dello Spirito non vuol dire sottomissione, né annullamento, ma scaturisce da una costante dialettica tra teonomia (primato di Dio), autonomia (capacità della persona) e eteronomia (lotta contro tutto ciò che degrada l’uomo)2. O, in termini figurativi: l’uomo che vive dinanzi a Dio è accompagnato nel suo riflettere e diviene capace di combattere.

  1. Chiamati ad esprimere il meglio

I critici della storia dell’arte ci dicono che Guido di Pietro, questo il nome del beato Angelico, nelle sue opere ha saputo fondere i valori dell’arte medioevale con il nuovo che avanzava con le prime luci del rinascimento.

Ovviamente non sono la persona indicata per analizzare da questo punto di vista le meravigliose opere del beato Angelico. Tuttavia, in questa capacità di fusione e di sintesi, ritrovo un elemento necessario ieri come oggi: l’artista dev’essere un traghettatore che attingendo ai linguaggi delle arti aiuta gli uomini a conservare nell’avvicendarsi delle varie epoche, lo sguardo su ciò che è bello, buono e autentico.

Cosa sono le diverse espressioni artistiche se non delle modalità per portare il cuore oltre i cieli delle programmazioni e delle tecniche? Che ce ne facciamo di un’arte che non tenti, oggi più che mai, di rifiutare in modo originale la pretesa implicita dell’Intelligenza Artificiale e cioè il divorzio tra l’intelligenza e l’agire? Per questo: potremmo mai fare a meno di uomini e donne che, sfidando le convenzioni tecnocratiche e le derive nichiliste, continuano a lasciare nelle loro opere tracce straordinarie dell’homo capax dei?

L’Annunciazione del nostro Santo con la Vergine Maria innanzi e Adamo ed Eva in secondo piano non vale più di alcuni testi circa il discernimento tra il bene e il male?

La Crocefissione del chiostro di San Marco a Firenze con San Domenico che abbraccia la Croce non è forse una potente immagine dell’eterno problema dell’uomo (il male) e della sua soluzione (appoggiarsi a Cristo, a ciò che vale)?

O le possenti braccia di Cristo spalancate ed intente ad abbracciare l’umanità nella Trasfigurazione, sempre nel convento di San Marco, non rappresentano un antidoto contro ogni paura?

E potremmo continuare per tutte le grandi opere del Santo.

L’artista non dà sentenze, né giudica. Egli si esprime e lo fa in modo gentile, soave. Ed esprimendosi tocca le corde dell’uomo. L’uomo di fede quando esprime la bellezza della sua relazione con Dio coinvolge, evangelizza. Più volte lo ha ricordato anche papa Francesco: «Il nostro annuncio missionario non è proselitismo, ma condivisione di un incontro personale. È dire: se tu vuoi, il Signore è così» (Ai Chierici Regolari di San Paolo – Barnabiti, 29-05-2023).

  1. «Siamo opera sua» (Ef, 2,10), siamo il capolavoro di Dio Padre

Un ultimo spunto ci viene dal Vangelo che abbiamo proclamato: «Risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le opere buone e rendano gloria al padre vostro che è nei cieli».

Dalla fisica sappiamo che la trasmissione della luce avviene attraverso fenomeni diversi quali l’assorbimento o l’interazione o i cambiamenti di direzione delle onde elettromagnetiche. C’è luce dove avviene un qualche processo di mutamento.

Nel credente l’illuminazione che viene dall’incontro col Signore si manifesta in un’anima accogliente, povera, capace di cedere.

L’invito per ognuno di noi è quello di liberare lo spazio interiore – ingombrato da ideologie, presunzioni e vanaglorie – per consentire al bello, al buono e all’autentico di concretizzarsi in frutti buoni, in opere in grado di costruire la civiltà dell’amore, le cui tracce, come le opere del beato Angelico, rimarranno sempre e saranno capaci di abbracciare tutti gli uomini.

Molto probabilmente non diventeremo grandi artisti come il beato Angelico, ma dinanzi a Dio saremo comunque un capolavoro uscito dalle sue mani.

1 PG 65, 396 (Apoftegmi dei Padri).

2 P. Evdokimov, Le età della vita spirituale, EDB, Bologna 1981, 63-65.